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ESCLUSIVA TC - GIAN PIERO VENTURA: "Il Cagliari ha qualità tecniche superiori a quelle delle concorrenti. Frosinone e Sassuolo faranno fatica: la mente deve essere allenata a lottare per la salvezza. Ma il calcio italiano spesso mi annoia..."

ESCLUSIVA TC - GIAN PIERO VENTURA: "Il Cagliari ha qualità tecniche superiori a quelle delle concorrenti. Frosinone e Sassuolo faranno fatica: la mente deve essere allenata a lottare per la salvezza. Ma il calcio italiano spesso mi annoia..."TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Carlo Giacomazza/TuttoSalernitana.com
sabato 30 marzo 2024, 17:00Primo piano
di Matteo Bordiga

Il suo nome, nell’Isola, è sinonimo di successo. Ed evoca ricordi decisamente dolci, misti a un pizzico di nostalgia.

Il Cagliari di Gian Piero Ventura, col marchio di fabbrica del suo immancabile 3-5-2, dettò legge in serie B – un anno dopo lo psicodramma dello spareggio perso a Napoli contro il Piacenza – e poi meravigliò l’Italia in serie A, collezionando una serie di scalpi prestigiosi – tra cui quello del Milan, della Juventus e del grande Parma di Buffon e Thuram – che gli consentirono di raggiungere una comoda e anticipata salvezza. Erano gli anni di “Bum bum gol” Muzzi, di Macellari e Vasari che imperversavano sulle fasce, degli inserimenti di Berretta e De Patre e di un gigantesco, sontuoso Fabian O’Neill che magheggiava dietro le punte.

Oggi l’obiettivo, per i rossoblù di Claudio Ranieri, è sempre lo stesso. Ma il cammino di Nandez e compagni verso la permanenza in serie A appare ben più tortuoso e accidentato rispetto a quello dei ragazzi di mister Ventura.

Gian Piero, facciamo una panoramica generale della zona retrocessione in serie A. Quali squadre le sembrano più in salute e chi, invece, a suo parere rischia maggiormente?

“Direi che le sorprese in negativo sono il Sassuolo e il Frosinone. Il Sassuolo negli ultimi anni si era disimpegnato decisamente bene, mentre i ciociari in questa stagione erano partiti alla grande, ottenendo risultati importanti attraverso il gioco e non certo in modo casuale. A mio parere queste sono due squadre che dovranno soffrire più delle altre, perché si ritrovano a raschiare il fondo della classifica in maniera abbastanza inaspettata. Bisogna abituare la mente a lottare per la salvezza: non è solo una questione tecnico-tattica o di personalità. La mentalità giusta, in tal senso, mi pare che ce l’abbia il Verona. Nonostante i veneti abbiano venduto i migliori giocatori, continuano a offrire ottime prestazioni. Fondamentale – e delicatissima – sarà la partita di dopodomani contro il Cagliari. I rossoblù affronteranno un avversario che, anche quando perde, fa sempre soffrire i rivali.

In generale, dal Lecce in giù sono tutte coinvolte. E il ‘borsino’ della zona salvezza cambierà di domenica in domenica, a seconda dei risultati che matureranno. Il Cagliari ha una rosa qualitativamente migliore rispetto a quelle delle dirette concorrenti, mentre – come dicevo – il Verona sta sorprendendo in positivo. Una compagine che ha sostanzialmente deluso è invece l’Udinese, che a mio avviso dovrebbe occupare posizioni di classifica diverse. In sintesi, devo dire che la lotta per la salvezza quest’anno è appassionante e aperta a ogni soluzione. Ci sono due posti vacanti, due biglietti di sola andata per la serie B – la Salernitana la considero già fuori dai giochi – che le sei-sette squadre coinvolte nella bagarre cercheranno di evitare fino all’ultimissima giornata.”

Concentriamoci sulle caratteristiche del Cagliari di Claudio Ranieri. Le chiedo un parere tecnico da allenatore: secondo lei quali sono i maggiori punti di forza della compagine sarda e, al contrario, gli aspetti deficitari su cui il tecnico romano deve ancora lavorare se vuole centrare la salvezza?

“Il pregio che balza maggiormente agli occhi, aldilà del rendimento dei singoli come Nandez e Lapadula che, forse, avrebbero potuto essere un po’ più incisivi di quello che effettivamente sono stati, è la grande compattezza del gruppo. Una granitica unione d’intenti dettata anche dalla consapevolezza del proprio ruolo in questo campionato: la squadra, fin dalla prima giornata, sapeva perfettamente che avrebbe dovuto sgomitare fino all’ultimo secondo per raggiungere il suo obiettivo dichiarato. E questa consapevolezza è ulteriormente corroborata dal carattere mostrato in più occasioni dai rossoblù, che spesso hanno pareggiato o vinto oltre il novantesimo. Sono tutti presupposti importanti per tagliare il traguardo stagionale indicato fin dallo scorso agosto.”

Per quanto riguarda i difetti, invece, potremmo menzionare la vulnerabilità del reparto difensivo, che ha incassato un gran numero di reti e figura tra i peggiori del torneo?

“Beh, i numeri dicono questo. È l’altra faccia della medaglia delle grandi rimonte centrate dal Cagliari: è vero che se recuperi due o tre gol e poi vinci hai compiuto un’impresa, ma è altrettanto vero che ti sei messo nelle condizioni di dover fare gli straordinari per non perdere la partita. Certi primi tempi dei sardi, obiettivamente, hanno lasciato un po’ a desiderare. D’altra parte sono sicuro che Ranieri – assieme a tutto il gruppo – senta la responsabilità di difendere i colori non solo di una città o di una tifoseria, ma di un’Isola intera. E questa è una scommessa estremamente difficile ma anche molto stimolante: posso dirlo perché l’ho vissuta sulla mia pelle. Il problema principale, in queste nove gare finali, sarà dunque quello di mantenere la barra dritta e di restare sempre sul pezzo. Ci saranno ancora momenti difficili, ma anche situazioni positive che daranno ulteriore slancio e fiducia ai ragazzi. Del resto – ce lo insegna pure il finale di campionato dell’anno scorso – il Cagliari è abituato a risolvere i problemi alla fine delle partite…”

Gian Piero, il “suo” Cagliari invece i problemi tendeva a risolverli fin da subito, col famoso 3-5-2 a trazione anteriore e quella baldanzosa spregiudicatezza che è rimasta negli occhi e nel cuore dei tifosi rossoblù. Raramente, in quel campionato di serie A 1998-’99, avevate il problema di dover compiere delle rimonte miracolose…

“Erano tempi diversi e, soprattutto, era un calcio diverso. Lo dico con umiltà, ma il calcio attuale non è che mi diverta più di tanto. A volte per vedere un tiro in porta o una palla gol bisogna aspettare un tempo intero. Nessuno prende più iniziative o fa qualcosa per uscire dai binari della ‘normalità’, per così dire. Non parlo del Cagliari, parlo a livello generale. L’anno scorso mi sono divertito a veder giocare il Napoli, mentre in questa stagione alcune partite dell’Inter sono state di altissimo livello, come qualcuna – non tutte – del Bologna di Thiago Motta.

Però obiettivamente parliamo di un calcio molto distante da quello che avevo conosciuto io. Una volta questo sport era fatto di individualità uno contro uno e di rapide verticalizzazioni: si cercava di andare in porta il più velocemente possibile. Oggi invece si arriva al tiro molto più lentamente, attraverso una costruzione dal basso che facevamo anche noi – forse siamo stati i primi a praticarla – ma che nel nostro caso aveva una finalità ben precisa. Mirava a ottenere un determinato tipo di vantaggio. Oggi qualcuno ‘costruisce dal basso’ tanto per dire che lo fa. E magari rischia pure di prendere gol, perché non ha gli interpreti giusti, sotto il profilo tecnico o della personalità, per sviluppare certe tematiche.

Il fenomeno è attualmente diffuso soprattutto in Italia; all’estero, specialmente in Inghilterra, se guardi le partite vedi spesso palle gol a profusione e un gioco molto più veloce e verticale.”

“Colpa” del Barcellona di Guardiola, che ha fatto scuola col suo possesso palla esasperato e, appunto, con la sua costruzione dal basso? C’è da dire che quello squadrone aveva degli interpreti a dir poco fenomenali che, con la palla tra i piedi, potevano permettersi di fare quello che volevano…

“L’esperienza di quel Barcellona sarebbe addirittura meglio non ricordarla… Parliamo di uno di quei fenomeni rarissimi, che si verificano ogni tot anni: una serie di calciatori straordinari – forse irripetibili – sono confluiti in una stessa squadra, creando l’alchimia magica dei blaugrana di Pep. Ma potrei evocare anche il Barcellona di Johan Cruyff… Collettivi che tutti ammiravano per il puro piacere di godere del loro calcio, che era ‘il’ calcio con la C maiuscola.

Oggi, e lo dico senza offesa, certe partite di serie A sono veramente noiose. Fuori dall’Italia non hanno magari le stesse conoscenze tattiche che abbiamo noi, ma possono contare su calciatori di grande qualità e dalla mentalità propositiva: giocano sempre per fare gol, in qualunque momento della gara e in qualsiasi situazione di punteggio.”