Domenghini: "Ho vinto tanto ma lo scudetto di Cagliari è altro. Per molti analisti era solo di Riva, per fortuna Gigi non se la tirava..."

Angelo Domenghini, grandissimo protagonista della più bella Inter e del più bel Cagliari di sempre ha rilasciato una lunga intervista sui taccuini de La Gazzetta dello Sport. Di seguito un breve estratto.
"In questo momento non sono in forma al 100%, sono stato in clinica per un problema alle anche. Ma c’è chi sta peggio, dai. Comunque è aprile, c’è il sole e la Sardegna è bellissima"
SCUDETTO A CAGLIARI, ISOLA IN FESTA - "C’è un tempo per tutto, ma il cuore è pieno di immagini. Abbiamo vinto all’Amsicora e, se fossimo rimasti in quello stadio, avremmo potuto vincere almeno altri due scudetti”.
INTER - "Eravamo una grandissima squadra, ma i giornalisti parlavano sempre di Mazzola, Suarez, Corso. E poi Corso, Suarez, Mazzola, Giusto, erano bravi, erano le stelle. Ma anch’io facevo qualcosa. Non voglio dire che sono stato sottovalutato, ma forse, dico forse, meritavo un po’ più d’attenzione. Anche in Nazionale. Si parlava solo di Riva, Rivera, Mazzola, Boninsegna. Ogni tanto anche di Domenghini. Anche a Cagliari lo Scudetto vinto è stato, per molti analisti e osservatori, solo di Riva. Certo, Gigi meraviglioso, grandissimo, formidabile. Ma c’ero anch’io per la miseria. Per fortuna Gigi e gli altri non se la tiravano e sapevano cosa facevo”.
COPPA ITALIA - "Bellissimo, abbiamo battuto il Torino 3-1 e io ho segnato tutti e tre i gol. Non eravamo i favoriti ma abbiamo giocato meglio"
CARRIERA E ANCORA CAGLIARI - "Un buon percorso professionale. Occhio, cerchiamo di capirci. Io non voglio lamentarmi, né fare discorsi di confronti. Ma di riconoscimento e riconoscenza. Il calcio mi ha dato moltissimo: successo, notorietà, benessere. Non mi ha tolto niente, o poco. Ho vinto tanto. Con l’Atalanta nella mia Bergamo. Con l’Inter, con la Nazionale e con il Cagliari. Certo, lo scudetto di Cagliari è tutta un’altra cosa, una dimensione diversa. È stata la vittoria di una città, di una regione, della gente, un calore unico e indimenticabile. Io adesso sono qui, in Sardegna, in un buon posto, a cento metri dal mare stupendo e lo devo al calcio e al Cagliari. L’unico, triste rammarico è che molti compagni e amici si sono staccati e persi. Io ascolto sì i miei acciacchi, ma penso ai miei figli, ai miei quattro nipoti e guardo il mare”