Don Carlo Rotondo, il missionario che porta l'amore per Riva e per il Cagliari in Tanzania: "La leggenda di Riva vive ancora nei bambini che lo hanno sognato"

Don Carlo Rotondo, sacerdote 60enne originario di Sinnai, da anni è conosciuto per le sue esperienze in terra africana e per il suo viscerale amore per il Cagliari. Prima in Kenya, dove ha vissuto per anni e ha fondato una squadra che ha partecipato al campionato kenyota e ora in Tanzania, dove si trova da due anni. Ad oltre un mese dalla scomparsa di Gigi Riva, Don Carlo ha voluto ricordate il suo idolo, tramite una lettera inviata alla sua Parrocchia, quella di Santa Barbara a Sinnai, del quale alcuni estratti sono stati riportati dell'edizione online de L'Unione Sarda: "Il giorno dello Scudetto del 1970, mio padre mi comprò la maglietta del Cagliari e per molte notti quella maglietta divenne il mio pigiama. Poi andai oltre con le richieste: chiesi a mio babbo di comprarmi anche due numeri 1 in pelle. Mia mamma li cucì sulla maglia rossoblu: da quel momento ebbi un’idea stravagante, maniacale: diventare GiggiRrriva. Più che calciatore, volevo diventare Gigi Riva. Il calcio era il mio sport preferito. Quando mi chiedevano dove volessi giocare, la risposta era immediata: “ala sinistra”. Mi abituai a calciare solo col sinistro usando il destro come piede d’appoggio. Proprio come Riva. Ricordo il mio pianto quando Riva si infortunò. Allora, ero un chierichetto e pregai tanto per lui perché guarisse più in fretta. Insomma Gigi Riva era davvero il mio sogno. Chiesi al parroco cosa bisognava fare per diventare sacerdote? E lui: “Devi andare a studiare in un luogo chiamato seminario dove si gioca anche a pallone. Così è stato”.
Ora ho 60 anni, di cui 34 trascorsi a fare il sacerdote. Ora sono strafelice di fare il missionario. Da bambino sognavo di essere Gigi Riva, il buon Dio mi ha dato la gioia e l’onore di essere un prete alla Gigi Riva. Si, è proprio così, la mia vita sacerdotale è fatta di giocate incredibili, gol pazzeschi, rovesciate leggendarie, 'stamborrate' imparabili. E, come Riva, ho anche avuto infortuni gravi, proprio al ginocchio sinistro. E come Riva non mi sono lamentato ma ho sempre cercato di rialzarmi. E, come Riva, ho detto un unico “Si”: lui al Cagliari e alla Sardegna. Io a quel giocherellone di Dio. Il culmine della mia gioia lo ebbi quando nel 2016 Tommaso Giulini mi ha chiesto di diventare il cappellano rossoblu. Oggi, l’uomo Riva è morto, ma il suo esempio, il suo stile, la sua leggenda vivono ancora nei bambini che lo hanno sognato e che lo sognano ancora: Grazie Gigi".