ESCLUSIVA TC - ATTILIO LOMBARDO: "Alla lunga il gioco premierà il Cagliari, che ha un vantaggio chiamato Ranieri. Marcare a uomo o a zona sui calci piazzati? Cambia poco: conta l'attenzione. Inter fortissima, ma occhio alla praticità della Juve"

ESCLUSIVA TC - ATTILIO LOMBARDO: "Alla lunga il gioco premierà il Cagliari, che ha un vantaggio chiamato Ranieri. Marcare a uomo o a zona sui calci piazzati? Cambia poco: conta l'attenzione. Inter fortissima, ma occhio alla praticità della Juve"TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Federico De Luca
domenica 10 dicembre 2023, 16:03Primo piano
di Matteo Bordiga

Una carriera sfolgorante, certificata da un palmarés invidiabile e ricco dei più variegati trofei: il premio all’abnegazione, alla generosità e al talento di un’ala destra dalla straordinaria progressione, dalla disarmante facilità di corsa e – non per farsi mancare niente – dall’innato senso del gol.

Soprannominato “Popeye” per la sua somiglianza con Braccio di Ferro, eroe dei cartoni animati e dei fumetti, Attilio Lombardo è ad oggi uno dei sei calciatori italiani ad aver conquistato lo scudetto con tre squadre differenti: nel suo caso Sampdoria (la compagine a cui è più legato), Lazio e Juventus. Un primato quantomai meritato: era un satanasso della fascia, e con le sue sgroppate ha propiziato tantissime azioni da gol. Significativo anche il suo bottino personale di reti segnate: oltre cento in quasi vent’anni di carriera.

Smessi i panni di calciatore, ha intrapreso una fruttifera attività di allenatore, seguendo spesso nelle sue avventure internazionali - compresi quattro anni sulla panchina azzurra dell’Italia - l’amico ed ex compagno Roberto Mancini, di cui è stato collaboratore tecnico.

Attilio, partiamo dalla lotta scudetto. Un’Inter bella e spettacolare sfida una Juventus cinica ed estremamente pratica. Come andrà a finire questo duello?

“In effetti sono due squadre agli antipodi tra di loro. Credo che per la Juve l’importante sia mantenersi attaccata al treno nerazzurro. L’organico dell’Inter è secondo me superiore, ma i bianconeri sono molto motivati e le loro partite sono sempre tiratissime e, soprattutto, equilibrate. Raramente la Juventus vince con due o tre gol di scarto. Questa praticità di fondo potrebbe consentirle di dire la sua fino alla fine nella lotta per la conquista del tricolore.

L’Inter dalla sua parte ha una grande consapevolezza e il vantaggio di avere completamente assimilato, in questi ultimi anni, il gioco di Simone Inzaghi. Alla qualità della sua rosa ha aggiunto la forza di Thuram, che si intende a meraviglia con Lautaro Martinez. È sicuramente la principale candidata alla vittoria finale.”

Lei vede un potenziale terzo incomodo, ad esempio nel Milan o nel Napoli che pure, ora, sono molto attardate?

“Il Napoli non è ancora fuori dai giochi al cento per cento, ma francamente fatico a immaginare un suo reinserimento tra le pretendenti allo scudetto. I giocatori sono gli stessi dell’anno scorso, ma l’andamento è molto differente: in questa stagione stentano a ottenere risultati. A meno che i partenopei non si rendano protagonisti di una rimonta incredibile e che, al contempo, le due battistrada mollino la presa – ma ci credo poco – sarà difficile rivedere gli azzurri in testa alla classifica. Credo di più a un colpo di coda del Milan, sempre che da qui a gennaio il distacco da Inter e Juve non aumenti a dismisura. Bisognerà infatti vedere come opereranno i rossoneri nel mercato invernale: hanno bisogno di giocatori là davanti, perché non può essere il solo Giroud ad accollarsi l’onere di finalizzare l’azione. Se poi malauguratamente Leao e compagni dovessero uscire dalla Champions League e non andare neanche in Europa League, a quel punto si dedicherebbero esclusivamente al campionato e, puntellando la rosa a gennaio, potrebbero rivelarsi il terzo incomodo tra Inter e Juventus.”

C’è stata fino a questo momento, in serie A, una squadra che l’ha sorpresa positivamente e un’altra che invece, secondo lei, ha tradito le attese?

“Sicuramente il Frosinone di Di Francesco è una formazione molto pimpante e intraprendente. Un team che sa cosa vuole. Mi piacciono anche il Lecce di D’Aversa e il Bologna di Thiago Motta, che viaggiano sulle ali dell’entusiasmo. La delusione finora è stata la Lazio: mi aspettavo che facesse più punti. È vero che, perdendo Milinkovic-Savic, i biancocelesti hanno dovuto rinunciare a tanta qualità sia in fase di costruzione che in fase di finalizzazione: lui, giocatore universale, fungeva da centrocampista, da trequartista e da attaccante. Era preziosissimo per Sarri. Poi bisogna anche ricordare che i capitolini sono comunque approdati agli ottavi di Champions League: impresa mai banale. Ma credevo che fossero in grado di restare più attaccati ai primi quattro posti. Certo, c’è ancora tempo per recuperare…”

Attilio, che impressione la ha fatto il Cagliari di Claudio Ranieri? Si è po’ risistemato sotto il profilo del gioco e delle prestazioni, ma viene da un solo punto conquistato nelle ultime tre gare.

“Io credo che, alla lunga, il gioco premierà i sardi. Che, per inciso, mi sono molto simpatici, anche perché apprezzo moltissimo il loro allenatore. Ranieri sa imporsi e ottenere risultati importanti in ogni piazza in cui sbarca. L’anno scorso ha centrato una promozione all’ultimo respiro, ma poi ovviamente la serie A è tutt’altra cosa rispetto alla serie B. Nella massima categoria l’imperativo è quello di sbagliare il meno possibile: quando il Cagliari troverà un maggiore equilibrio avrà modo di raggiungere il suo obiettivo. Rispetto alle concorrenti in zona retrocessione ha un piccolo vantaggio, chiamato appunto Claudio Ranieri. Io a lui sono particolarmente legato anche perché ha allenato, tra le altre, la Sampdoria, la squadra del mio cuore.”

La grande anomalia del Cagliari è che, pur avendo un tecnico attentissimo alla fase difensiva, finora ha incassato praticamente due gol a partita.  

“Dipende anche dagli uomini che hai a disposizione: in serie A fanno la differenza. Al primo errore è sempre gol. Ma sono sicuro che Ranieri saprà risolvere questo grande problema, lavorando soprattutto sotto l’aspetto dell’attenzione e della concentrazione.”

C’è chi suggerisce di passare stabilmente alla marcatura a uomo sui calci piazzati, dai quali spesso si originano i gol subiti dai rossoblù. Secondo lei potrebbe essere una soluzione?

“Io credo che tra la marcatura a zona e quella a uomo cambi ben poco. È più una questione di atteggiamento e, devo ripetermi, di attenzione. Anche perché, in area di rigore, anche per chi vuole fare la zona la marcatura non può mancare. La differenza tra marcare l’uomo e marcare lo spazio è veramente minima. Se si ha una buona attitudine e, soprattutto, la capacità di rimanere sempre sul pezzo, anche con la zona si può fare molto bene. In più marcando a uomo sei comunque soggetto a distrazioni o, magari, nel contatto ravvicinato rischi di fare fallo da rigore.

La chiave è la concentrazione dei difensori su quello che sta accadendo in campo, non la dicotomia zona-uomo.”