L'ex Cagliari Faragò: "Ho vissuto un calvario lungo 14 operazioni. Tra le vigne e i frutteti ho smesso di soffrire. Volevo restare a Cagliari"

L'ex Cagliari Faragò: "Ho vissuto un calvario lungo 14 operazioni. Tra le vigne e i frutteti ho smesso di soffrire. Volevo restare a Cagliari"
Oggi alle 09:45Rassegna stampa
di Redazione TuttoCagliari

L'ex difensore del Cagliari, Paolo Faragò, ha rilasciato una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport. 

Sulla sua nuova vita senza calcio: "Ho un terreno di quattordici ettari. Con la mia azienda produco vino locale, dal Vermentino al Bovale. Negli ultimi anni ho piantato oltre millequattrocento alberi, di cui settecentocinquanta ulivi. Mi sveglio alle 4.30, salgo sul trattore e parte la giornata. Adesso la mia vita si divide tra coltivazione, potatura e raccolto", racconta Faragò, che ha chiuso con il calcio nel 2023 quando indossava la maglia del Como, complice un problema all'anca.

"Ho subito quattordici interventi chirurgici. Assumevo farmaci e antidolorifici in continuazione. Non riuscivo neppure a fare una passeggiata, figuriamoci a sostenere gli allenamenti. Dopo ogni operazione restavo almeno per un paio di mesi in stampelle. Non c’erano altre soluzioni, dovevo fermarmi". 

La campagna gli ha restituito il sorriso: "Nel 2020 ho acquistato un terreno a pochi chilometri da Cagliari, la città in cui io e mia moglie abbiamo scelto di vivere. Dopo poco ho aperto l’azienda e mi sono dedicato alla produzione di vino. Attualmente abbiamo otto etichette: rosso, bianco, orange wine. Sto valutando anche di ampliare l’attività a olio e miele. In più, ho già piantato migliaia di alberi da frutto: melograni, noci, mandorli, pistacchi". 

Sul suo allontanamento dal mondo del calcio: "Sentivo il bisogno di staccarmi da un mondo nel quale ho vissuto per oltre vent’anni. Ci sono tante dinamiche che non apprezzo. Quello del calcio è un ambiente che ti rende nomade, non metti mai radici, sei sempre lontano dalla famiglia. Volevo restare a Cagliari e gestire in autonomia la mia quotidianità".

Sugli inizi al Novara: "Ho vissuto cinque anni bellissimi. Ricordo una partita incredibile contro il Bari nei quarti di finale playoff di Serie B, era la stagione 2015/2016. Vincemmo al San Nicola,finì 3-4 per noi con il gol decisivo di Galabinov nei tempi supplementari. Giocavamo in dieci per il rosso a Dickmann, è stata una vittoria pazzesca. Poi l’anno successivo sono arrivato al Cagliari".

Sull'avventurà rossoblù: "Ho iniziato a giocare con continuità, segnando pure qualche gol. I problemi sono cominciati nel maggio 2019. Dopo il primo infortunio ho trascorso cinque mesi di riabilitazione. Sembrava che fosse tutto superato. A ottobre, Maran mi manda in campo contro la Spal. Realizzo il 2-0 decisivo. Poi il buio. Dopo cinque partite, avevo difficoltà anche nei movimenti più semplici. Faticavo a camminare, dovevo prendere sempre antidolorifici. Ho cominciato la trafila delle visite, ma nessun dottore riusciva a capire che cosa avessi. Per tredici volte sono finito sotto i ferri, senza riuscire a risolvere il problema. I medici non si spiegavano come facessi a giocare. Una volta un chirurgo mi disse: “Conoscila storia del calabrone? Secondo la fisica non ha la struttura alare adatta per volare. Eppure ci riesce. La tua situazione è molto simile”. Alternavo lunghi periodi in stampelle a qualche allenamento. Nel dicembre 2023 mi hanno impiantato una protesi all’anca. Da quel momento ho cominciato a stare meglio. Ma avevo già deciso di smettere, non ne potevo più". 

Sul suo futuro: "Voglio trascorrere una vita serena in campagna. Mi piacerebbe anche creare una fattoria didattica per bambini. Ho appena piantato decine di ulivi, spero che mio figlio possa godersi il risultato di questo lavoro. Tra viti e frutteti io ho smesso di soffrire".