UN MIRTO CON... MARIO IELPO

UN MIRTO CON... MARIO IELPOTUTTOmercatoWEB.com
sabato 14 ottobre 2023, 01:50Un mirto con...
di Matteo Bordiga

Senza tema di smentita, uno dei migliori portieri degli ultimi cinquant’anni di storia rossoblù.

Mario Ielpo ha accompagnato il Cagliari lungo il sentiero tortuoso – ma esaltante – che ha condotto gli isolani dalla serie C alla Coppa Uefa. In Sardegna dal 1987 al 1993, l’estremo difensore romano è sempre stato sinonimo di affidabilità, costanza di rendimento e (spesso e volentieri) spettacolarità tra i pali.

Uno dei principali artefici dell’epopea del primo Cagliari di Claudio Ranieri, oggi Ielpo guarda preoccupato all’andamento della compagine sarda in serie A, sottolineandone criticità e lacune strutturali.

Mario, lei trova qualche analogia tra questo tormentato avvio di stagione dei rossoblù attuali e le vostre prime otto-dieci giornate nel massimo campionato 1990-91? La sensazione è che, per quanto anche voi faticaste tantissimo a fare risultato, il Cagliari di allora avesse maggiore “garra”, fame e organizzazione di gioco.

“Innanzitutto la differenza principale tra la nostra promozione in serie A e quella ottenuta dal Cagliari l’anno scorso consiste nel fatto che noi vincemmo un campionato, mentre Nandez e compagni hanno vinto i playoff.

Il campionato, nella sua totalità, restituisce valori sicuri e affidabili, mentre i playoff restituiscono valori più transitori e aleatori. Noi nell’89-’90 trionfammo con una certa disinvoltura – non voglio dire proprio con facilità, ma quasi – mentre il Cagliari della scorsa stagione ha compiuto un’impresa mitica e irripetibile, tra l’altro non partendo neanche da favorito assoluto ai playoff. Può anche essere che i rossoblù non fossero ancora pronti per sbarcare in serie A. Sta di fatto che nelle prime otto giornate si sono intravisti tanti problemi: dalla sterilità offensiva alla tendenza a incassare qualche gol di troppo.”

Nella prossima – pur distante – sessione di calciomercato quale reparto andrebbe a suo avviso maggiormente rafforzato?

“Quando fai due punti in otto gare hai bisogno di rinforzi in difesa, a centrocampo e in attacco. Anche il portiere ha commesso parecchi errori gravi. Direi che in questo momento la priorità assoluta è mettere il lucchetto alla porta e dare solidità difensiva alla squadra e, contemporaneamente, trovare chi riesce a far gol. Sono queste le due esigenze primarie.”

A proposito di porta da blindare, Ranieri dopo i ripetuti svarioni di Radunovic ha deciso di dare spazio a Scuffet, che con la Roma ha incassato quattro gol sui quali, tuttavia, non pareva avere particolari responsabilità. Secondo lei il tecnico romano ha fatto bene a concedere un po’ di riposo all’estremo difensore serbo?

“Questo ruolo è micidiale. Dobbiamo ricordare che Radunovic, l’anno scorso, era stato decisivo nella corsa alla promozione, soprattutto durante i playoff. Ma quando le cose non ti girano per il verso giusto perdi sicurezza e serenità. Il portiere da un lato è parte attiva di un gioco di squadra, ma dall’altro – di fatto – in campo è da solo, e viene valutato come un singolo elemento. Quando sbaglia deve riprendersi subito, altrimenti è giusto farlo riposare per un po’: è capitato a tutti, anche ai più grandi.

Ora Ranieri ha provato Scuffet, che ha preso quattro gol senza avere particolari colpe. Ma se quelle quattro reti le avesse prese Radunovic gli sarebbero pesate, eccome se gli sarebbero pesate… Detto questo, siamo sinceri: il numero uno serbo potrà anche avere sbagliato più volte, ma il problema non è lui. Il rendimento deficitario dei sardi non dipende in prima battuta dalle papere del portiere.”

Domanda scomoda, ma doverosa. In questa situazione così critica anche a un tecnico navigato ed esperto come Ranieri vanno attribuite delle responsabilità? O è piuttosto l’organico a non essere competitivo in massima serie?

“Anche se Claudio è Claudio, e non devo essere certo io a elencare le sue qualità tecniche, umane e gestionali, lui è il capitano che conduce la nave attraverso la burrasca. È il capo del gruppo squadra e, in quanto tale, anche lui ha le sue responsabilità. E devo dire che mi dispiacerebbe molto se la sua storia al Cagliari finisse male, magari con una retrocessione.”

Ora verranno le sfide con le dirette concorrenti nella lotta per la sopravvivenza. Un’occasione propizia per lasciarsi alle spalle la negatività e provare a rilanciarsi?

“È quello che ci auguriamo e quello che deve fare il Cagliari. Io fino a questo momento ho notato qualche problema di troppo nello sviluppo del gioco offensivo: Petagna è arrivato proprio al fotofinish, negli ultimi scampoli della sessione di calciomercato, e devo dire che non mi sembra in formissima dal punto di vista fisico e atletico. In più non è mai stato quel centravanti che ti garantisce quindici-venti gol a campionato. E poi, a mio modesto parere, quella tipologia di attaccante non è ‘da Cagliari’. Ai sardi serve come il pane un grande contropiedista vecchia maniera: un profilo alla Luvumbo, magari meno acerbo e inesperto rispetto al giovane angolano. Una seconda punta che strappi in velocità. Il centravanti prettamente fisico al Cagliari può andare bene, magari, in serie B. In A serve un altro genere di guastatore.”

Il Cagliari gioca molto spesso con un centrocampo bloccato, fisico e di interdizione, al quale forse mancano un po’ di fosforo e di brillantezza tecnica. Non a caso i sardi sono la squadra che, numeri alla mano, tira meno frequentemente in porta di tutta la serie A.

“Come dicevo prima, si fa tanta fatica a entrare in area avversaria. Resta da capire se i giocatori si debbano semplicemente adattare alla categoria o se, viceversa, non abbiano proprio i mezzi per giocare a questi livelli. Inoltre mancano tranquillità e serenità. Qualche elemento indubbiamente valido e di spessore c’è: penso ad esempio a Nandez. Ma lui e pochi altri, forse, in questo momento non bastano. Tornando al paragone col nostro Cagliari di trentatré anni fa, all’epoca il grande merito di Ranieri fu quello di infonderci la certezza granitica che, nonostante tutte le avversità, in un modo o nell’altro ci saremmo salvati. Ce lo ripeteva come un mantra: ‘Non so come, non so perché, ma sono sicuro che alla fine ci salveremo’.

Tra l’altro, detto tra noi quel campionato girò tutto attorno alla papera del mio amico Braglia, portiere del Genoa. In un noiosissimo Cagliari-Genoa al Sant’Elia fece incredibilmente rimbalzare in porta – ancora non ho ben capito come – un innocuo traversone dalla destra di Daniel Fonseca. Vincemmo 1-0 e, con quei due punti quasi insperati, imprimemmo la svolta decisiva alla nostra stagione. La speranza è che il Cagliari di oggi possa fare lo stesso nel prossimo match contro la Salernitana. Anche se sarebbe stato molto meglio se i campani non avessero appena cambiato allenatore…”