MEGLIO NIENTE, SIGNORINA

MEGLIO NIENTE, SIGNORINA
lunedì 7 giugno 2021, 00:21Il punto
di Vittorio Sanna
Vittorio Sanna, giornalista e scrittore, per i tifosi rossoblù "la voce del Cagliari". Nella sua trentennale carriera ha raccontato in radiocronaca oltre 700 partite, quasi 600 in serie A. Uno dei più accreditati storici del Cagliari

Non c’è scritto da nessuna parte che per prepararsi al meglio per il prossimo campionato c’è bisogno di vendere e acquistare. In un mercato senza soldi, in piena crisi, sembra quasi essere un dovere applicare dinamiche che non hanno molto senso. Nello sport, l’obiettivo è sempre migliorarsi. Nello sport individuale lo fai esclusivamente investendo su te stesso, migliorando la qualità degli allenamenti, cercando step dopo step di arrivare a traguardi sempre superiori.

Un concetto culturalmente ripudiato da molti per quanto riguarda il calcio, il campionato di serie A. Le squadre forti si aspettano di portare via alle squadre meno potenti il giocatore migliore perché non avrebbe senso tenerlo in provincia. Le squadre piccole non oppongono quasi resistenza al concetto che un calciatore che vale non possa essere tenuto, se non lo vendi con la certezza di poter fare un salto qualitativo come squadra. E così, anche per riempire di parole l’estate, si dà quasi per scontato che una società come il Cagliari debba necessariamente cedere uno dei pezzi pregiati per poter crescere e fare mercato, magari accettando le proposte indecenti di avere ragazzini promettenti che non è detto siano migliori dei tuoi cresciuti nel vivaio. Una sciocchezza!

Per crescere basterebbe tenere i giocatori migliori se non si presenta un affare che possa rinforzare la squadra e non riempire di soldi le casse giusto per dare nomi nuovi in pasto ai tifosi. Anche nella passata stagione lo abbiamo visto. Si è rinunciato a qualche calciatore che andava avanti negli anni per prenderne altri che non erano ancora all’altezza della situazione. In ogni azienda quando c’è un pensionamento si ricambia l’uscente con qualcuno che sappia almeno inizialmente conoscere la base del proprio incarico. Non capita sempre nel calcio. Le prospettive di Tripaldelli, Tramoni, Luvumbo, Caligara nei casi limite, non si sono rivelate diverse o maggiori rispetto a quelle di Carboni, Biancu, Ladinetti e Marigosu. Zappa, Sottil e Marin sono stati gli investimenti, ma anche loro qualche logica fatica l’hanno dovuta affrontare. Perché è meglio cambiare quando conviene ed è necessario, per opportunità economica o per esigenza tecnica.

Siccome le opportunità economiche latitano, sarebbe forse meglio iniziare a piazzare qualche calciatore di troppo, sfiorire la rosa, alleggerire il carico di contratti pesantemente ingiustificati e fare spazio ai giovani. E poi valutare dove realmente serve qualcuno, senza doversi cavare un occhio per comprare un braccio.

Nello scorso anno di celebrazioni del centenario del Cagliari, tutti si sono posati sopra il miele della leggenda. Scrivere di Riva è diventato il grande affare. Ma comprendere la storia è forse più utile. Lo scudetto fu costruito come se il Cagliari fosse un solo atleta, già dalla serie B. Investimenti focalizzati perché Martiradonna, Cera, Rizzo, Riva furono tasselli acquistati sette anni prima del tricolore e ogni passaggio di mercato era sì sacrificare qualcuno, dallo stesso Rizzo a Boninsegna, passando per Longo e qualche altro, ma anche conservare e difendere i tasselli giusti, vedi Riva ma non solo Riva.

In tempo di default, abbassare i compensi annuali ed estendere il tempo del contratto può essere la strategia vincente. Con aumenti proporzionati anno dopo anno e alla crescita dei risultati e quindi al valore e agli incassi della società. Nessun concetto nuovo. Solo la strategia di base di qualsiasi azienda che non si fa condizionare dai tromboni del mercato. Se non c’è da migliorare non è necessario cambiare. Come diceva una vecchia pubblicità. “Meglio niente, Signorina”, se l’acqua non è buona quanto quella bevuta abitualmente.