Vittorio Sanna: "Piccoli? Di fronte ai soldi diventa accettabile smontare una squadra e vanificare mesi di lavoro"

Il giornalista Vittorio Sanna, tramite il proprio canale YouTube, ha commentato l'addio al Cagliari di Roberto Piccoli, diretto verso la Fiorentina. Le sue parole, sintetizzate da TuttoCagliari.net: "Difficile, per chi come me vive di formazione e utilizza lo sport come modello comportamentale, come modello di vita e come serbatoio di valori, accettare che il denaro diventi la giustificazione principale di tutto ciò che accade. In queste condizioni diventa complicato parlare di altri aspetti: di spirito e sacrificio, di uguaglianza tra gli uomini al di là del proprio reddito, davanti a una prova comune. Perché dico questo? Perché ancora una volta il denaro sembra giustificare tutto. E se è il denaro a determinare ogni scelta, diventa difficile persino commentare la cessione di un calciatore che in quel momento rappresentava il punto di forza di una squadra, un simbolo, un’identità, un progetto, perfino un’idea di “sardità”. Sono state utilizzate spesso queste parole, e talvolta è stato citato persino il nome di Gigi Riva, che non si piegò mai al denaro, diventando il simbolo assoluto del Cagliari, della Sardegna, dei sardi. Ecco, di fronte a questo mi sento di dire che non è esattamente così. Se usiamo un simbolo, allora potremmo aggiungere anche i nomi di Gigi Piras o Mario Tiddia come “martiri”. Perché? Perché stiamo parlando del periodo della persecuzione delle piccole squadre, che resistevano professando una sorta di religione sportiva, pur disponendo di risorse economiche infinitamente minori rispetto a quelle di oggi. Col tempo, però, il denaro ha finito per giustificare tutto: che tu possa cedere a un ricatto, che tu possa lavorare altrove anche se sei legato a un’altra realtà, che tu possa addirittura comprare ciò che non dovrebbe essere in vendita, come nella celebre “proposta indecente” di Robert Redford.
Insomma, il denaro sembra giustificare tutto, persino nello sport. E così diventa accettabile smontare una squadra, annullare mesi di lavoro costruiti puntando su un’identità precisa. Di fronte a questo diventa complicato recuperare i valori che, nel mio caso, cerco sempre di trasmettere: che al di là dei soldi ci sono altri principi. Purtroppo oggi non è così: la logica dominante è diversa. Davanti ai soldi non c’è valore che tenga. L’appartenenza, il desiderio di essere rappresentati da valori forti, l’idea di poter vincere anche contro chi ha più risorse di te… tutto è svanito di colpo, sacrificato davanti a una cifra. E qui, secondo me, si dimentica un aspetto fondamentale: i soldi sono soltanto un’unità di misura. Sono come i chilometri o i chilogrammi. Eppure, per questa unità di misura, rinunciamo troppo spesso a considerare il vero valore che possiamo portare con noi".