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ESCLUSIVA TC - GIUSEPPE BELLINI: "Il mio Cagliari, nei primi anni Ottanta, aveva il miglior centrocampo della serie A. Era una squadra sfacciata: non aveva paura di nessuno. L'anno scorso ci ha salvati Ranieri con un calcio concreto ed essenziale"

ESCLUSIVA TC - GIUSEPPE BELLINI: "Il mio Cagliari, nei primi anni Ottanta, aveva il miglior centrocampo della serie A. Era una squadra sfacciata: non aveva paura di nessuno. L'anno scorso ci ha salvati Ranieri con un calcio concreto ed essenziale"
lunedì 15 luglio 2024, 15:19Primo piano
di Matteo Bordiga

Giuseppe “Pino” Bellini è stato, a pieno titolo, una bandiera del Cagliari tra la seconda metà degli anni Settanta e la prima metà degli anni Ottanta. Ben nove le stagioni vissute con la maglia rossoblù sul petto, sfiorando le 200 presenze complessive. Assieme a Casagrande, Marchetti e Quagliozzi componeva un centrocampo che coniugava quantità e qualità, universalmente riconosciuto come una delle mediane più forti e più equilibrate della storia del club isolano.

Protagonista tanto in serie B quanto in serie A, ha totalizzato 19 reti – da centrocampista – in riva al Poetto.

Giuseppe, ci racconti la sua lunga e gratificante esperienza a Cagliari, dove col suo dinamismo e con la sua esuberanza – unite al piacevolissimo vizietto del gol – ha lasciato un segno indelebile.

“Arrivai in Sardegna nel 1974, e fui aggregato alla primavera. Mi unii alla prima squadra due anni dopo, nel 1976, sotto la guida di Lauro Toneatto. Nella seconda parte del campionato diventai titolare fisso: quella stagione culminò negli sfortunati spareggi promozione. Era l’anno della famosa arancia tirata da un tifoso al Sant’Elia nella gara contro il Lecce, che ci costò la sconfitta a tavolino e, di fatto, il ritorno in serie A.

L’anno seguente non andammo granché bene, ma nel 1978-’79 centrammo l’agognata – e meritatissima – promozione. Proprio quella stagione e le due successive in A coincisero con i miei anni migliori a Cagliari: ottenemmo grandi risultati nel massimo campionato, chiudendo una volta settimi e l’altra sesti. Un traguardo strabiliante per la nostra realtà, che era quella di una piccola società provinciale che provava a competere contro i giganti del calcio nazionale.”

Quel Cagliari, che stupì in serie A, giocava molto bene, con piglio intraprendente e propositivo. E, soprattutto, non aveva paura di niente e di nessuno.

“Vero. Non a caso in quel periodo per uno o due anni - adesso non ricordo bene - il nostro centrocampo venne votato come migliore mediana della serie A. Con Marchetti, Casagrande, Quagliozzi e il sottoscritto, grazie anche all’apporto di Longobucco che imperversava sulla fascia sinistra, ci facevamo rispettare ovunque andassimo a giocare. Avevamo grande tecnica e grande corsa. Non subivamo mai l’avversario, ma scendevamo in campo consapevoli di ciò di cui eravamo capaci e puntualmente, ogni domenica, lo dimostravamo.”

Lei, dopo un anno di “interregno” alla Fiorentina, tornò al Cagliari nel 1983 e rimase in Sardegna fino al 1985. In quel periodo la società isolana non navigava in buone acque…

“Eh, già. L’anno in cui giocai a Firenze il Cagliari retrocedette in serie B, e in modo piuttosto rocambolesco. Fu determinante la partita contro la Juventus al Sant’Elia: al Cagliari bastava un punto per salvarsi, mentre la gara per i bianconeri - che pochi giorni dopo avrebbero disputato la finale di Coppa dei Campioni - non aveva molta importanza. Dunque il risultato sembrava scontato. Invece durante il match Pileggi a gioco fermo rifilò una gomitata a Furino: il cagliaritano venne espulso e la Juventus se la legò al dito, ribaltando il risultato con le reti di Boniek e Platini. Poi nell’ultima gara stagionale i rossoblù persero lo scontro diretto con l’Ascoli e, purtroppo, precipitarono in serie B. Io tornai l’anno dopo, feci un paio di stagioni e poi andai a giocare ad Arezzo e a Frosinone. Chiusi la carriera a Bisceglie.”

Che opinione ha del Cagliari attuale? E che prospettive intravede per la prossima stagione?

“L’anno scorso ci siamo salvati col batticuore, e credo che il merito sia stato principalmente di Ranieri. Senza di lui temo che saremmo retrocessi. Quando devi salvarti non devi sforzarti di giocare bene, ma devi fare risultato. Dunque conta badare al sodo ed essere concreti. Ranieri sapeva che il Cagliari non poteva permettersi di esprimere un certo tipo di gioco, quindi ha preferito un calcio più pragmatico per centrare il prima possibile l’obiettivo stagionale.

Il nuovo allenatore, Davide Nicola, sembra volenteroso e desideroso di impostare un certo tipo di discorso. Ma per offrire un gioco piacevole - da qui non si scappa - occorre avere i buoni giocatori. Il tecnico può incidere tanto sulle prestazioni dei suoi ragazzi, ma senza bravi calciatori anche il mister più preparato va poco lontano. Quest’anno tanti elementi che erano arrivati in prestito sono andati via, e la società dovrà reintegrare la rosa con almeno sei o sette rinforzi di categoria. Anche puntare sui giovani naturalmente può essere un’ottima idea, ma per fare bene in serie A anche l’esperienza, oltre che la qualità, è fondamentale.”