Gazzetta dello Sport - Riva, 50 anni di Sardegna

Gazzetta dello Sport - Riva, 50 anni di SardegnaTUTTOmercatoWEB.com
© foto di Federico De Luca
giovedì 4 aprile 2013, 13:06Rassegna stampa
di Roberto Rubiu

La Gazzetta dello Sport celebra oggi i 50 anni in Sardegna di Gigi Riva con una bella intervista a firma di Alberto Cerruti. Tema centrale, ovviamente, il rapporto indissolubile che lega Rombo di Tuono a quella che oramai, dopo mezzo secolo, considera a tutti gli effetti la sua terra. E pensare che Riva non ne voleva proprio sapere di andare al Cagliari. "Piuttosto rimango fermo un anno" disse a Lupi, il suo allenatore al Legnano. Ma la mediazione della sorella Fausta si rivelò decisiva, e nel 1963 il 17enne Riva sbarcò finalmente in Sardegna: "Partimmo la mattina da Milano con un turboelica che fece scalo a Genova e poi ad Alghero. Arrivammo a Cagliari di sera e quando vidi le luci nel golfo mi lasciai scappare: "Quella è l'Africa". Lupi si arrabbiò e mi diede un calcio nel sedere. Il giorno dopo andai al campo, l'Amsicora, che non aveva un filo d'erba e pensai "Dove sono capitato". Però i ragazzi mi fecero festa e l'argentino Longo, una bella persona, mi prese subito sotto la sua protezione. Rimasi qualche giorno e l'idea di passare dalla C alla B alla fine mi convinse ad accettare".

Un rapporto, quello tra Riva e la Sardegna, destinato a sbocciare. E non solo grazie alle imprese sportive: "Capii di amare la Sardegna andando nelle case dei pastori e negli ovili. Una volta mi portarono in un paesino, a Seui, in provincia di Nuoro mi pare, e sulla credenza di un'anziana, notai anche una mia foto, tra i santini dei suoi genitori. L'amico che mi accompagnava chiese perché c'era la mia foto e la donna,senza riconoscermi, rispose: "Quello è buono".

Un amore talmente forte che portò Riva a rinunciare alle lusinghe della Juventus: "Quando vedevo la gente che partiva alla 8 da Sassari e alle 11 lo stadio era già pieno, capivo che per i sardi il calcio era tutto. Ci chiamavano pecorai e banditi in tutta Italia e io mi arrabbiavo. I banditi facevano i banditi per fame, perché allora c'era tanta fame, comeoggi purtroppo. Il Cagliari era tutto per tutti e io capii che non potevo togliere le uniche gioie ai pastori. Sarebbe stata una vigliaccata andare via, malgrado tutti i soldi della Juve. Dopo ogni partita spuntava Allodi che mi diceva "Dai, telefoniamo a Boniperti". Ma io non ho mai avuto il minimo dubbio e non mi sono mai pentito".