Tancredi Palmeri: "Arbitri: a che gioco state giocando? Se l’arbitraggio diventa politica, adesso Rocchi rischia"
Tancredi Palmeri, giornalista di Sportitalia, dedica un ampio approfondimento sui problemi della classe arbitrale nel suo editoriale per Sportitalia. Le sue parole: "Viene da chiedersi proprio a che gioco stiano giocando gli arbitri, quando dovrebbero essere orientati solo a fare il lavoro migliore possibile.
Ora, sparare sull’arbitro è da sempre l’esercizio più facile: è da solo, è il più odiato, è ritenuto unanimemente da tutti il fautore delle proprie sfortune, e i suoi errori sono immediatamente visibili, vivisezionati ed esposti in un mondo dove nessuno ammette i propri, e perfino chi perde le elezioni ti spiega come abbia vinto e 2+2 faccia 5.
Per questo, tranne una volta nel 2018 alla fine della lotta scudetto Juventus/Napoli, non ho mai scritto un editoriale sugli arbitri, perché è davvero troppo facile prendersi l’applauso. Ma se torno a farlo ora, vuol dire che il concetto va al di là dei singoli errori.
E infatti non è mai l’errore in sé, e nemmeno la tanto famigerata uniformità di giudizio, che da quando ho memoria diretta del calcio ovvero dal 1987 la sento nominare e quindi non verrà mai raggiunta, e come potrebbe essere altrimenti se ci sono tanti arbitri quante partite.
Ma quanto ho visto al San Paolo per Napoli-Inter e a San Siro per Inter-Fiorentina è la risultante finale di un percorso dove il mestiere di arbitrare anziché essere applicato mi è sembrato essere usato.
Modi e metodi di arbitrare
Ripeto, non sono gli errori in sé. E’ il modo. In Napoli-Inter è stato dato un rigore che non c’era, e non sembrava proprio esserci. Pace. Può capitare. Ma la modalità è un inedito nella storia del calcio: assegnato dal guardalinee per un’azione a cui era vicino l’arbitro e da cui era lontano l’assistente di gara, senza richiamo in campo del Var, e addirittura dopo che l’azione era già andata dall’altro lato del campo, al punto che nessuno allo stadio ha capito cosa stesse succedendo. Surreale.
Ma il problema è a monte. Se l’arbitro Mariani, uno dei migliori 5 in Italia, ha disfatto così il suo metodo di lavoro, poiché non è un fesso beh può averlo fatto solo per mancanza di serenità. E perché non lo era? Perché era lui l’arbitro vittima del discorso dei retropensieri di Conte in coda a Inter-Napoli dell’anno scorso.
Ora, aborro con forza le critiche preventive alle designazioni. Ma un capo come Rocchi, conoscendo il precedente così fresco, dovrebbe aver avuto la lungimiranza nemmeno così eccezionale di fargli saltare un giro a Mariani su Napoli-Inter, per preservarlo e per garantire più serenità in un arbitraggio che comunque non sarebbe mai stato sereno.
E invece no. La designazione di Rocchi è sembrata una sfida. Alla logica, alla critica, ma anche ai suoi uomini stessi, che così sembrano più esposti che protetti. E fa il paio con altre decisioni di Rocchi con questo stile, come quando l’anno scorso mandò all’Avar della decisiva Inter-Lazio quel Guida che aveva confessato per quieto vivere di non poter più arbitrare il Napoli, e allora con che serenità avrebbe potuto suggerire qualcosa che potesse risultare decisivo in favore dell’Inter nella decisiva sfida a distanza per lo scudetto.
O come quando Rocchi decise di tenere per un tempo in un cassetto gli audio Var di Inter-Roma sul mancato rigore decisivo su Bisseck, per sua scelta “per non inasprire gli animi”, di fatto prendendo una decisione politica non di uniformità e trasparenza a prescindere, ma facendo una scelta di opportunità pelosissima e che non gli compete minimamente, come se fosse il direttore editoriale della tv con i diritti dell’evento.
E a questo uso politico della direzione degli arbitri, che pur se fatto con le migliori intenzioni in verità si presta immediatamente al sospetto e sicuramente fa l’opposto di aiutare la fiducia, si aggiungono poi le lacune, in alcuni casi solite e clamorose. Come appunto in Inter-Fiorentina, con quella cravatta su Pio Esposito che sembravano aver visto tutti ma proprio tutti tra spalti e divano, tranne gli arbitri Sozza, e passi, e i Var Ghersini e Chiffi, e qui non passi proprio, perché non c’è nemmeno una spiegazione plausibile al non intervento del Var.
Ma appunto gli errori tecnici dell’arbitro ci saranno sempre (oddio, del Var meno…), il problema è che si sommano a questa gestione generale che ha fatto clamorosi passi indietro rispetto al recente passato.
Non ultimo, l’indicazione generale di Rocchi sul “non concedere rigorini”, secondo un parametro molto personale e decisamente cangiante. Dò atto al designatore di aver percorso un certo dialogo con i media: l’anno scorso fui presente all’incontro con gli operatori, e fu assolutamente meritorio il suo tentativo di confronto senza paracadute. Nello specifico peraltro, ricordo che sul tema rigorini mi trovai in completo disaccordo: i casi esposti in quell’occasione per me erano tutti da rigore, per lui nemmeno uno. Ma almeno riconobbi la coerenza e l’uniformità.
Il problema è che questa direzione trasferita ai suoi arbitri si è trasformata in completa confusione: non riescono a capire come e dove applicarla, è un confine tutto di Rocchi troppo aleatorio, e il disegnatore stesso in un paio di casi ha fatto un paio di retromarce che hanno smentito tutto il resto. Giustamente Rocchi ha voluto imprimere il suo cambio, ma ha finito per creare più disordine, tolto certezze ai suoi, ed esporli al pubblico ludibrio in aggiunta a quanto loro avrebbero già fatto.
In definitiva, la direzione dell’arbitraggio è sicuramente peggiore rispetto a un paio di anni fa, e dopo i primi 3 anni di discreto lavoro, adesso si è completamente avvitato.
Non è un caso che si ingrossino le voci su una sostituzione prossima con Daniele Orsato, ovviamente non prima della prossima stagione".