João Pedro: "Nessuno mi toglierà mai il Cagliari. Tornerò alla Domus nascosto tra la gente. Solo la mia famiglia sa come sono stato dopo Venezia"

João Pedro: "Nessuno mi toglierà mai il Cagliari. Tornerò alla Domus nascosto tra la gente. Solo la mia famiglia sa come sono stato dopo Venezia"TUTTOmercatoWEB.com
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di Redazione TuttoCagliari

L'ex attaccante del Cagliari, Joao Pedro, oggi all'Atlético San Luis e capocannoniere della Serie A messicana con 8 reti in 11 giornate, ha rilasciato una lunga intervista all'edizione odierna de L'Unione Sarda. Un estratto della sua chiacchierata con Fabiano Gaggini: "Tutto bello, speciale. Ma il Cagliari è il Cagliari, eh - spiega l'italo-brasiliano -. Solo la mia famiglia sa come sono stato dopo Venezia e cosa è per me il Cagliari. E ci sto male quando leggo certi commenti. Troppi malintesi, troppe cose mi sono passate sopra la testa. Ma ho preferito il silenzio quando sono andato via. Ho dato tutto per quella maglia. La sento addosso. Va bene così, ho la coscienza a posto. Segno come a Cagliari? Mi mancava. In un torneo così importante poi dove sono arrivati giocatori forti, è tutto molto speciale. La differenza la sta facendo l'esperienza. Ho vissuto tanti anni belli a Cagliari, altri meno belli fuori. Qua mi sono sciolto".

Sul suo legame con il il Cagliari: "Su Wikipedia c'è sempre la foto con la maglia del Cagliari? La mia storia è il Cagliari. Il Cagliari è la mia seconda pelle». Se sono più tornato in Sardegna? No. Non giocando in Italia le vacanze le dividiamo tra la mia famiglia in Brasile e la famiglia di mia moglie a Palermo. Ma prima o poi tornerò. Cosa mi manca? Non basterebbe un'intervista per elencare quello che mi manca. Alessandra me lo ripete in continuazione: "devi andare a Cagliari, devi andare allo stadio". Non per far vedere che sono lì, ma per riprovare le emozioni che solo a Cagliari ho provato. Tornerò. Non posso non tornare. La prima cosa che farò una volta appoggiata la valigia? Vi avviso già: andrò allo stadio, nascosto, non mi vedrà nessuno. Andrò a vivere la mia emozione senza disturbare. Prima magari, andrò a prendere un caffè in piazza Yenne, quello che facevo ogni mattina per anni e anni. Ad Asseminello tornerò? Lì ci sono otto anni di vita. Vorrei salutare tanti amici. Ma anche in questo caso, non dipende solo da me".

Sulla retrocessione a Venezia e sull'addio al Cagliari: "Magari la storia poteva durare un po' di più? O è stato giusto così? Difficile dirlo. Se fossi ancora a Cagliari, sarebbe una storia d'amore epica. Sognavo di giocare in un torneo diverso e lottare per il vertice. In quel momento poi, tante cose che sono successe extra campo, hanno fatto in modo che il mio ciclo finisse. Se mi capita di ripensare a Venezia? Purtroppo sì. Ogni volta che vedo una situazione simile. Anche in altri sport. Quest'estate vedendo Sinner seduto e battuto da Alcaraz dopo aver avuto più di un match point, pensavo: gli bastava un punto come a noi un gol quel giorno. Anche se poi da lì il Cagliari è potuto ripartire giocando una Serie B pazzesca con un gol di Pavo al 94'. E quel gol, forse, è stato più bello ed emozionante per chi ama il Cagliari di un eventuale nostro gol a Venezia. Sarebbe cambiato qualcosa agli occhi della gente se quel giorno mi fossi presentato in sala stampa? No. Qualsiasi cosa sarebbe stata detta, non avrebbe cambiato nulla. Conosco il calcio e il tifoso cagliaritano. Detto questo, ero pronto a parlare e a metterci la faccia, ma non mi hanno fatto parlare. E lì ancora di più ho capito che il mio ciclo a Cagliari era finito. È stata più dolorosa la retrocessione o la vicenda doping? La retrocessione. Perché sulla vicenda doping, per quanto stessi rischiando, sapevo di non aver fatto niente di sbagliato. Sul campo, sentivo che avrei potuto fare di più".