Pisacane al Corsport: "Cagliari, sono il tuo Apache. Sono nato due volte. Ora questa città è casa mia e voglio regalarle la salvezza"

Pisacane al Corsport: "Cagliari, sono il tuo Apache. Sono nato due volte. Ora questa città è casa mia e voglio regalarle la salvezza"TUTTOmercatoWEB.com
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di Redazione TuttoCagliari

L'allenatore del Cagliari, Fabio Pisacane, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere dello Sport. Le sue parole: "Il 28 gennaio 2026 compirò 40 anni Importante, sì. Ma parto da un principio: festeggerò 26 anni perché nel 2001, dopo la malattia al sistema nervoso, sono rinato la seconda volta. Sindrome di Guillan-Barré a 14 anni? Ero al top, nel meglio, uno scugnizzo vicino al sogno di fare il calciatore. E all’improvviso, paralizzato e in coma. Ho visto la morte, ma la malattia è venuta per completarmi mica per ammazzarmi. Mi ha fatto uomo e guerriero, mi ha responsabilizzato, formato e privato delle classiche ansie e pressioni adolescenziali, insegnandomi subito i valori che oggi provo a trasferire ai miei fi gli quando piangono o si deprimono per un gol sbagliato a calcetto o un brutto voto a scuola. Cose inutili".

Sulla sfida col Genoa: "Un tasto sentimentale, una partita particolare: all’ospedale San Paolo di Savona devo tutto, è dal Genoa che sono partito ed è a Marassi che ho giocato la mia centesima in A. È contro la Samp, a Genova, che ho guidato per la prima volta la Primavera del Cagliari da allenatore di ruolo. In quella città ho imparato tanto: i primi sogni, la forza del leone quando arrivai da una scuola calcio di Napoli, il dolore. C’è tanto dentro. Oggi la vivo con più equilibrio".

Su Cagliari: "Cagliari cosa significa? Una città fantastica: è casa mia da undici anni, sono cagliaritano d’adozione. È calcio e lavoro, famiglia: i miei figli Andrea, Francesco, Matias e Marco sono tutti arrivati qui a pochi giorni dalla nascita. È cuore e anima, un capitolo fondamentale della mia storia. Ho comprato casa al Bastione, c’è tutto. Sono a due passi dal mare e dentro la vita"

Sul salto da allenatore della Primavera a quello dello della Prima Squadra: "Una responsabilità doppia. In undici giornate ho già sfidato tre allenatori scudettati: Conte, Sarri, Pioli. Mi mancano Allegri e Spalletti. E ogni volta non è un confronto con il loro nome, ma con il loro valore: sento di vivere un qualcosa che ho meritato, non è fortuna o casualità anche con soli due anni di Primavera alle spalle. Con i giovani è più complesso, credetemi: bisogna studiare le generazioni, il calcio è cambiato come la vita. È in evoluzione. Ma restano i valori, innanzitutto il rispetto".

Sull'avvio di stagione: "Il Cagliari è la terza più giovane per media d’età dei giocatori utilizzati, eppure abbiamo sbagliato solo la partita con il Sassuolo. Fiducia nei giovani, senza protezione eccessiva, e la guida di qualche “vecchio” giusto come Mina, Luperto, Deiola, Pavoletti. Non abbiamo ancora tirato fuori tutto il nostro potenziale tra infortuni e condizione, ma mica si può fare in tre mesi. Oltre la vittoria bisogna crescere ogni volta: l’obiettivo è questo".

Sul suo calcio: "Il calcio secondo Pisacane? Visione, coraggio, responsabilità organizzazione e collaborazione tra reparti. Sacrificio. Si allenano tattica, tecnica e carattere: il cuore del lavoro resta l’uomo. Dicono che vivo di calcio? Guardo partite su partite, qualsiasi serie, qualsiasi nazione, e ogni volta cerco di rubare un’idea: mi piace vedere come difendono in Scozia o come costruiscono in Premier o in Serie C. Ho fatto un percorso di formazione a Salisburgo, credo nell’intensità e nel ritmo del calcio internazionale, ma sono di scuola italiana. Bisogna evolversi restando fedeli ai propri principi".

Pisacane sceglie il regalo per i 40 anni: "Regalo per i 40 anni? L’obiettivo è la salvezza. Meglio se il prima possibile. Cagliari merita di restare dov’è, la sua dimensione naturale".

Sulla sua fede: "Se sono credente? Sono cattolico e ho anche una mia spiritualità. Ogni mattina mi sveglio e ringrazio. Sono grato, e molto. Mi sono avvicinato anche agli indiani Apache: avevano coraggio, resistenza, strategia. Io non ho mai avuto paura proprio come loro. Mi sento un Apache".