Viola: "Scrissi una lettera a Gigi Riva: dovevamo incontrarci, poi se ne andò. Il film ci fece comprendere la sua grandezza"

Ospite della seconda puntata di PodCasteddu, podcast del Cagliari Calcio condotto da Alessandro Spedicati, Nicolas Viola ha parlato dell'importanza di Gigi Riva per i giocatori rossoblù e per l'intera isola. Le parole del centrocampista, sintetizzate da TuttoCagliari.net.
Nel giorno che io chiamo “il giorno più vuoto”, ovvero dopo la morte di Gigi Riva, a me è sembrato che fosse evaporato un aspetto della città. Come se mancasse un volume, un’eco, come se in città si fosse aperto un buco: un buco nell’aria, un buco nell’anima, nello spirito. Da qualche parte si è formata una voragine. E tu hai fatto quel gol. Noi quella partita non l’abbiamo vinta, se non sbaglio, ma quel gol e quella dedica hanno avuto un valore enorme. Tu hai scritto una lettera a Gigi Riva. Non so se tu hai mai raccontato il contenuto di quella lettera. Ci vuoi dire qualcosa su quello che c’era scritto dentro? Sarebbe un regalo bellissimo.
"Sì. Io ho visto il film su Gigi quando era ancora in vita, l’abbiamo visto tutta la squadra insieme. E lì già si percepiva la sua grandezza. Quel film ci ha fatto capire quanto fosse importante per questa isola. Sentii il bisogno, dopo la visione, di buttare giù qualche riga. All’inizio non era nemmeno una lettera: era solo un modo per esprimere ciò che provavo, mettere fuori dei sentimenti troppo grandi per restare dentro. Un modo per omaggiarlo, ma anche per liberarmi, per tirare fuori qualcosa di profondo. A me piace molto scrivere: scrivo i miei pensieri, i miei sogni, tantissime cose".
Ti sei mai reso conto che quando inizi a scrivere qualcosa che hai in testa, poi ne esce fuori tutt’altro?
"Esatto. Parti con un pensiero, e poi ti lasci trasportare. Scrivere è un flusso, un viaggio. Io penso sempre che il braccio sia tra cuore e cervello: le parole passano dalla testa, ma attraversano il cuore. Così finisci per scrivere qualcosa che magari senti, ma non avevi nemmeno pensato. In quella lettera — chiamiamola così — scrissi che anche io sono un grande amante di Fabrizio De André, e sapevo che anche Gigi lo era. C’erano delle connessioni che sentivo forti. Sapevo anche che lui, in quel periodo, non voleva vedere nessuno, non usciva quasi mai, stava in casa. Allora gli scrissi che avevo un sogno: stringergli la mano. E gli dissi che ero certo che un uomo come lui non mi avrebbe mai negato una cosa del genere. Lui mi rispose, dicendo che voleva incontrarmi. Mi firmò una maglia, me la regalò. Poi, purtroppo, è morto. E quello è il mio grande rammarico: non averlo potuto incontrare davvero".