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ESCLUSIVA TC - CESARE PRANDELLI: "Il Cagliari mi piace quando riesce a chiudere gli spazi e a ripartire in velocità. Quando rallenta la manovra diventa prevedibile. Non a caso le migliori prestazioni stagionali le ha impostate sulle ripartenze"

ESCLUSIVA TC - CESARE PRANDELLI: "Il Cagliari mi piace quando riesce a chiudere gli spazi e a ripartire in velocità. Quando rallenta la manovra diventa prevedibile. Non a caso le migliori prestazioni stagionali le ha impostate sulle ripartenze"TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Federico De Luca
martedì 12 marzo 2024, 13:00Esclusive TC
di Matteo Bordiga

A una lunga e prestigiosa carriera da calciatore (ha vestito le maglie di Cremonese, Juventus e Atalanta) è seguita una altrettanto gratificante e intensa vita da allenatore, contrappuntata da successi e affermazioni e da qualche inevitabile, dolorosa caduta.

Cesare Prandelli, vicecampione d’Europa al timone della Nazionale italiana nel 2012, è stato uno dei tecnici più popolari e influenti degli ultimi quindici anni. Alfiere di un calcio intraprendente e propositivo, prima di diventare CT della selezione azzurra ha maturato importanti esperienze sulle panchine di mezza Italia, raccogliendo i maggiori consensi a Parma, Verona e – soprattutto – Firenze.

Ritiratosi ufficialmente nel 2023, Prandelli continua a seguire con attenzione e interesse le vicende del calcio italiano e internazionale. Con un occhio di riguardo, naturalmente, per la nostra serie A.

Cesare, in vetta alla classifica resta aperta solo la lotta per il conseguimento dei piazzamenti europei. Quali formazioni vede favorite per un posto in Champions League?

“Ci sono squadre che stanno sorprendendo rispetto alle aspettative della vigilia, come ad esempio il Bologna. Il Napoli e la Lazio sono un po’ in ritardo, mentre la Roma sta risalendo rapidamente. Ci sono tante compagini che possono legittimamente ambire al quarto posto: la bagarre in zona Champions è veramente molto ma molto interessante. Difficile fare pronostici: a sparigliare totalmente le carte ci ha pensato il Bologna, che sta facendo una stagione strepitosa. Speriamo che i rossoblù felsinei non accusino il colpo dell’infortunio di Zirkzee, ma d’altro canto fanno leva su un gioco consolidato, hanno una grande consapevolezza dei propri mezzi e, soprattutto, tantissima voglia di stupire. Io credo che il Bologna combatterà fino alla fine per un posto nell’Europa dei giganti.

Notevole anche la scalata della nuova Roma di De Rossi: Daniele ha capito che deve lavorare molto dal punto di vista tattico. L’ha anche espressamente dichiarato. La qualità dell’organico, del resto, è indiscutibile.”

Oggi vanno di moda i tecnici cosiddetti “giochisti”, che prediligono un calcio propositivo, sviluppato per lo più con combinazioni palla a terra e puntando sulla costruzione dal basso. A suo avviso è questo il modo migliore per interpretare il football moderno o la vecchia strategia dell’attesa e ripartenza, in determinate situazioni, può ancora rivelarsi utile ed efficace?

“Per me il concetto base è quello di giocare, di costruire gioco. Quello è il fondamento di tutto. Noto piuttosto che l’unico a ricercare delle variazioni sul tema rispetto a un contesto precostituito è Thiago Motta. Gli altri allenatori prevedono determinati tipi di movimenti e di meccanismi, assegnano ai giocatori dei compiti e dei ruoli ben precisi e inquadrati. Invece Thiago, oltre a dare al Bologna una grande organizzazione di gioco basandosi sulla filosofia della costruzione, lascia il giusto spazio al guizzo estemporaneo, alla fantasia e all’imprevedibilità degli interpreti. In un gioco come il calcio la variabile legata all’inventiva e all’intuizione dei giocatori conserva ancora un valore molto importante. Mi auguro perciò che la tendenza non sia quella di andare tutti nella stessa identica direzione, perché altrimenti a stretto giro finiremmo per annoiarci. Non bisogna mai essere troppo rigidi. Né sui sistemi di gioco, né sulle situazioni precostituite.

L’idea fondante di Thiago Motta è quella di occupare lo spazio. A prescindere da chi sia a farlo. Se quello spazio è occupato, il giocatore va ad occuparne un altro. Flessibilità e interscambiabilità sono alla base del suo pensiero calcistico.”

Venendo alla lotta per la salvezza, ora la graduatoria è quantomai corta. Il Cagliari di Ranieri in particolare è riemerso dalle acque paludose del fondo classifica, proprio puntando su un calcio più aggressivo supportato spesso dal trequartista dietro alle due punte.  

“Da questo punto di vista Ranieri è un maestro. È abilissimo nel compattare e nel motivare il gruppo. Ma la società rossoblù sapeva che avrebbe vissuto una stagione difficile, come capita sempre alle squadre neopromosse dalla B. Oggi come oggi almeno sette o otto formazioni sono coinvolte nella bagarre per evitare la retrocessione: dobbiamo ormai abituarci a questa sorta di ‘vuoto’ tra le posizioni europee e la zona calda della classifica. Sarà una lotta appassionante e incerta: tutte dovranno battagliare fino alla fine, anche quelle che adesso si sentono un po’ più tranquille. Prendiamo ad esempio il Verona: fino a poco tempo fa sembrava spacciato, con tutte le cessioni decise dal club nel mercato di gennaio. Invece Baroni zitto zitto, con la sua umiltà e serietà, sta risalendo la china, tra l’altro proponendo un calcio interessante e piacevole. Del resto più o meno tutti oggi cercano di giocare le partite anziché subirle. Poi la differenza, naturalmente, la fanno i calciatori di maggior qualità coi loro lampi di classe: se a decidere le sorti di una gara fosse solo ed esclusivamente l’organizzazione tattica, beh questo diventerebbe un grosso problema per il pubblico che assiste allo spettacolo.”

Tecnicamente, più che tatticamente, come vede i rossoblù isolani? Hanno le carte in regola per centrare l’obiettivo da qui a maggio?

“Intanto rispetto a tante altre squadre possono contare su un popolo intero che non tradisce mai e che continua a spingerli e a sostenerli – anziché contestarli o fischiarli – anche dopo qualche sconfitta di troppo. Questo è molto importante per i giocatori, perché alla fine sono ragazzi giovani e non tutti hanno le spalle sufficientemente larghe per sopportare il peso di una tale responsabilità.

A me il Cagliari piace nel momento in cui riesce a chiudere gli spazi e a ripartire in velocità. Se rallenta la giocata, diventa molto prevedibile. Per cui va bene la pressione medio-alta – secondo me non altissima – ma l’importante è avere questi quaranta metri di spazio per orchestrare al meglio le ripartenze. La squadra dispone di diversi giocatori con molta gamba e capaci di ribaltare rapidamente l’azione. Il Cagliari è costruito, a mio parere, per sfruttare gli spazi. Non a caso le migliori prestazioni di questa stagione le ha offerte impostando la gara sulle ripartenze veloci.”