Cagliari, Viola: "Ho rifiutato Arabia e Turchia, il mio sogno era la Serie A"

Nicolas Viola, ai microfoni di PodCasteddu, podcast ufficiale del Cagliari Calcio, ha parlato di allenatori e non solo.
"Gasperini che è un grandissimo allenatore. Tornassi indietro sicuramente avrei approcciato la "sua comunicazione" in un modo completamente diverso. Ho avuto Malesani che è stato l'allenatore che mi ha fatto giocare qualche partita e anche con Gasperini avevo giocato qualche partita però forse non sono riuscito a sfruttare quel tipo di messaggio che lui voleva mandarmi. Io dovevo leggere tra le righe il messaggio che voleva mandarmi e, forse , all'epoca non avevo questa abilità"
RETROCESSIONE CON IL BENEVENTO
"Io in quell'occasione ho parlato pochissimo anzi non ho mai rilasciato un'intervista su quell'argomento. Indipendentemente da ciò che succede, poteva succedere col Cagliari, col Milan e la Juve, indipendentemente da qualsiasi arbitro o situazione, penso che ci vuole sempre rispetto in quello che uno fa e in quello che uno dice, nel senso che io in quell'occasione ho avuto un po' di rabbia, però allo stesso modo ho avuto sempre rispetto per le decisioni che uno prende, l'arbitro a volte sbaglia, a volte fa bene, a volte la squadra vince, (24:28) la squadra perde, ma comunque penso che l'equilibrio che uno ha si vede durante tutti gli anni, quindi durante le giornate, durante le partite, durante gli allenamenti, allo stesso modo ho cercato in tutti i modi di concentrarmi su quello che faccio sul campo"
LA SERIE B
"Sì, la B a me mi ha insegnato tantissimo perché ovunque sono andato sei lottavo per vincere, quindi quando tu giochi per vincere piuttosto che giochi per non retrocedere cambia tantissimo secondo me. In Serie B ho avuto degli anni meravigliosi però era diventata la mia zona di comfort perché riuscivo a fare benissimo, riuscivo a giocare sempre un certo tipo di partite, riuscivo a fare abbastanza gol e assist. La competizione con me stesso c'è stata sempre, è una continua competizione con me stesso anche perché a me non piace competere con gli altri, penso che la crescita costante sia quella con se stessi, quando tu competi con gli altri lasci poco spazio alle (26:22) possibilità, a me piace la cooperazione non la competizione"
PERCHè GIOCO A CALCIO?
"La cosa che mi spingeva ad andare avanti era l'ambizione, ambire a un risultato, ambire a un qualcosa di importante, ambire uscire fuori da un aspetto economico che magari non era adeguato oppure aiutare i miei genitori, oppure insomma uscire da un qualcosa e vivere poi la vita dei sogni, quindi ambire a qualcosa e questa ambizione. Ad certo punto penso che quando uno agisce per ambizione, è come quando tu fai il pieno alla macchina e metti l'ambizione che sarebbe la benzina e poi ad un certo punto finisce, certo, e quindi o ambisci a qualcos'altro oppure diventa difficile, diventa difficile capire cosa cerchi. Io vedo ragazzi che non sono felici, ragazzi che, negli ultimi tempi abbiamo visto anche un sacco di notizie, di persone magari che fanno tutt'altro e vedi proprio l'aspetto umano che viene messo proprio in risalto da cose, ad atteggiamenti che non sono consoni a quello che è un calciatore e io lì ho trovato dentro me stesso, volevo capire cosa volevo fare della mia vita e mi sono fatto questa domanda e ho capito che ero innamorato del calcio. Non lo facevo per i soldi, non lo facevo per un riscatto sociale, lo facevo perché io amavo il calcio, ecco quando (28:52) io ho capito che questa era la mia passione, era la mia vita"
BOLOGNA DI MIHAILOVIC
"Io quando ho incontrato lui venivo da una stagione non molto bella, quella appunta della retrocessione del Benevento, io non volevo rinnovare a causa di alcune dinamiche ha mi hanno portato a fare questa scelta. Nonostante non avessi un'altra squadra ero sicuro di trovarla, avevo fatto una bella annata. Ho rifiutato un sacco di offerte sia dall'Arabia che dalla Turchia. Volevo giocare solo in Serie A, era il mio obiettivo. Mi allenavo notte e giorno per essere pronto ad una nuova squadra. Fino ad ottobre mi allenavo nel paesino da solo. Ricordo che si fece male un ragazzo del Bologna, mi chiamò il direttore Bigon dicendomi che Sinisa mi avrebbe chiamato. E' stato un momento meraviglioso, era quello che aspettavo. Io ero innamorato di Sinisa, lui poteva darmi tanto. E' stato un anno difficile, lui ha avuto i suoi problemi. Quella notizia ci ha fatto capire che tutto si azzera, viene fuori l'essere umano. Io non vedevo più un allenatore, vedevo un combattente. Riconoscere le emozioni è un tassello importante per noi calciatori. Grazie a lui le emozioni si sono amplificate. Per me è stato un anno di svolta"
IL MIO ARRIVO A CAGLIARI
"A Bologna un anno pieno. Ero in vacanza e il mio procuratore mi ha chiamato dicendomi della possibilità di andare a Cagliari. Avevo seguito la retrocessione dei rossoblù. Rimasi un pò colpito. Io stimavo la piazza e stimavo tantissimo Fabián O'Neill. Volevo andare a Cagliari. Appena arrivato a Cagliari successe una cosa in un locale. Io e Lapadula siamo usciti a fare una passeggiata ed ad un certo punto si avvicinarono delle persone a "manifestarci" il loro disappunto per la retrocessione. Il modo forse non era gentile ma il messaggio fu chiaro "dobbiamo andare in Serie A"