ESCLUSIVA TC - GIANFRANCO BELLOTTO: "Mai digerito l'esonero deciso da Cellino: eravamo a quattro punti dalla vetta. Se si punta su un tecnico bisogna permettergli di condurre la nave in porto. Con Ranieri il Cagliari coltiva ambizioni importanti"

Ex centrocampista di quantità e qualità (ha militato, tra le altre, in formazioni come Ascoli, Sampdoria, Modena e Brescia), da allenatore ha vissuto una carriera itinerante, raccogliendo parecchie soddisfazioni soprattutto sulla panchina del Treviso. E proprio dal Treviso, nell’estate del 2000, è approdato in rossoblù, con l’obiettivo dichiarato di riportare subito il Cagliari in serie A dopo la sciagurata retrocessione della stagione 1999-2000.
L’operazione non riuscì, anzi per Gianfranco Bellotto – classe 1949, originario della provincia di Padova – arrivò addirittura l’esonero dopo ventiquattro giornate agrodolci, tra vittorie convincenti e qualche sconfitta di troppo. Una ferita ancora aperta per il tecnico veneto, che quel licenziamento deciso dal presidente Massimo Cellino dentro di sé non l’ha mai digerito.
Gianfranco, come ricorda la sua breve esperienza in Sardegna oltre vent’anni dopo?
“Ricordo bene la trattativa che mi portò al Cagliari e le aspettative, molto alte, di una piazza prestigiosa che voleva tornare subito in serie A. Ma ricordo soprattutto che fui esonerato quando ci trovavamo a soli quattro punti dalla prima in classifica: c’erano ancora tutti i presupposti per continuare a giocarci la promozione. Mi sarebbe piaciuto avere più tempo e, soprattutto, la possibilità di portare a termine la mia missione.
La campagna acquisti pre-campionato fu importante: venne costruita una squadra forte e competitiva. Io avevo portato con me in Sardegna alcuni giocatori che avevo allenato l’anno prima a Treviso, tra cui il centravanti Beghetto.”
Il suo Cagliari iniziò molto bene il campionato cadetto, con tre vittorie in altrettante partite. Poi ci fu un calo significativo tra metà e fine girone d’andata.
“È vero. Quella era una squadra propositiva e decisamente a trazione anteriore. L’inizio fu incoraggiante, poi perdemmo qualche punto per strada. Ma ribadisco: eravamo ad appena quattro punti dalla prima in classifica. Lì Cellino ci mise del suo: volle esonerarmi quando, a mio parere, avrei meritato di giocarmi la promozione fino alla fine. Noi avevamo i mezzi e le potenzialità per chiudere il torneo tra le prime quattro e tornare in serie A.
Francamente ci rimasi male, tanto più che quello fu l’unico esonero che dovetti incassare in tanti anni di carriera tra i professionisti. In altri casi mi dimisi io, ma non fui mai licenziato. Cagliari è rimasta l’unica ‘macchia’ nel mio curriculum.
Per carità, non provo rancore e non voglio dire o parlare male di nessuno. Penso solo che quando si prende un allenatore poi bisogna dargli la possibilità di condurre la barca in porto: se si manda via un tecnico a metà del percorso, con ancora tutte le chances di centrare l’obiettivo prefissato, allora non ha avuto senso ingaggiarlo e investire su di lui.”
L’impresa di tornare in A è appena riuscita, con un girone di ritorno ai limiti del miracoloso, al Cagliari di Claudio Ranieri. Lei come vede la squadra rossoblù ai nastri di partenza del massimo campionato?
“La vedo benissimo. Con Ranieri ho fatto il corso di allenatore a Coverciano, quindi so perfettamente che professionista e soprattutto che persona è. Quando l’anno scorso, nel girone di ritorno, la squadra cominciava a ingranare mi sono detto tre me e me: ‘Vuoi vedere che questo Cagliari riesce a centrare la promozione?’. E così in effetti è stato. Ora i rossoblù si affacciano alla serie A con la possibilità di dire la loro fino in fondo. Da questo punto di vista Ranieri è il tecnico giusto non solo per ottenere una tranquilla salvezza, ma anche per coltivare ambizioni importanti.”