ESCLUSIVA TC - MONICA BERTINI (MEDIASET): "Dispiaciuta per il mio Parma, ma complimenti al Cagliari. Ranieri uomo d'altri tempi: oltre che un grande tecnico è anche una persona straordinaria"

Da una parmense doc arrivano le felicitazioni e le congratulazioni al Cagliari neopromosso. Oltre a una profonda stima per la “resilienza, il carattere e la determinazione messi in mostra dai rossoblù in particolar modo proprio nelle due sfide col Parma”.
Monica Bertini, giornalista e conduttrice televisiva di Mediaset, da anni una presenza familiare sugli schermi degli sportivi italiani, si rammarica per l’occasione sprecata dal suo Parma di centrare la promozione in massima serie attraverso i playoff, ma riconosce i meriti di un Cagliari che definisce “squadra storica e degna di un palcoscenico come la serie A”.
Monica, ha seguito tutti questi entusiasmanti playoff di serie B? Che idea si è fatta in particolare sulla doppia sfida tra sardi e ducali, così tesa e combattuta fino all’ultimo secondo?
“Ho avuto modo di seguire i playoff molto più attentamente rispetto al campionato vero e proprio di B, grazie alla minore concentrazione di partite di serie A nel periodo in cui invece le squadre cadette che aspiravano alla promozione si giocavano un posto al sole al fianco dei giganti del calcio italiano.
Io sono originaria di Parma e ho iniziato a lavorare nelle reti regionali emiliane, per cui il mio cuore mi portava a supportare l’undici gialloblù. Però devo essere onesta: ho apprezzato tantissimo l’orgoglio e la determinazione feroce del Cagliari, perché all’Unipol Domus, dopo un primo tempo dominato in tutto e per tutto dal Parma, nella ripresa si sono viste due squadre molto diverse. Il Cagliari è ritornato in campo col coltello tra i denti, mentre i parmensi erano l’ombra della formazione brillante e propositiva vista nella prima frazione. Praticamente si sono invertiti i ruoli in campo.”
Non ha avuto la sensazione che la reazione dei padroni di casa sia stata più nervosa e mentale che non tecnico-tattica? Il Parma è stato surclassato dalla “garra” agonistica e dalla fame di rimonta del Cagliari, più che dal gioco espresso dalla squadra di Ranieri.
“In gare come quelle dei playoff ci si gioca tutto in novanta o centottanta minuti, senza la prospettiva, che hai in campionato, di poter magari recuperare i tre punti nella partita seguente. Il Cagliari è stato spinto proprio da questa estrema esigenza di rimontare i due gol subiti – la definirei, tra virgolette, la disperazione legata al risultato negativo – nell’assaltare il Parma nel secondo tempo. In quei momenti contano la ferocia agonistica, l’aggressività, la voglia di ribaltare a tutti i costi la situazione. Senza mai perdere la testa e mantenendo sempre i giusti equilibri. E la gestione oculata e lucida della partita è stata poi l’arma vincente dei rossoblù nella gara di ritorno al Tardini, in cui hanno concesso davvero poco al Parma giocando in modo razionale e non rinunciando, tra l’altro, a stuzzicare la retroguardia emiliana.
Possiamo dire che il Cagliari la semifinale l’ha vinta nel secondo tempo della sfida d’andata, e poi è stato molto bravo ad amministrare nel migliore dei modi il match di ritorno.”
Ha seguito anche la finale tra rossoblù e biancorossi pugliesi? Che impressione le ha fatto? Si può dire che il doppio match abbia avuto un andamento speculare a quello tra Cagliari e Parma: andata in Sardegna appannaggio degli ospiti, ritorno al San Nicola ben approcciato dagli isolani.
“Sicuramente il fatto di poter solo vincere a Bari ha contribuito a far giocare il Cagliari con maggior tranquillità e leggerezza mentale. Ma credo che in generale la formazione di Ranieri sia stata molto intelligente nella gestione della partita e degli uomini. Io, mentre scorreva il cronometro e si era ormai oltre l’ottantesimo minuto, continuavo a chiedermi: ‘Come mai non entra Pavoletti? Che ci fa ancora in panchina Pavoletti?’. Non perché io sia dotata di poteri divinatori, ma semplicemente perché mi sembrava strano che un giocatore dell’esperienza e dell’intelligenza di Pavoletti in quel momento non entrasse.
Alla fine ha avuto ragione Ranieri. Tra l’altro chi era allo stadio, e quindi ha avuto modo di captare determinate sensazioni, mi ha suggerito che potrebbe essere stata la panchina del Cagliari stessa a spingere il mister a mettere dentro il bomber livornese a una manciata di minuti dal termine. Se così fosse, si tratterebbe di un esempio virtuoso di gioco di squadra in senso letterale: c’era la squadra che lottava in campo e un’altra squadra, in panchina, che ha dato il consiglio giusto al tecnico. Il quale, tra l’altro, ovviamente non è che ne avesse bisogno, dall’alto della sua sagacia e della sua lungimiranza. Parliamo di un totem del calcio italiano.
A questo proposito, tengo a sottolineare che ho molto apprezzato il gesto di Claudio Ranieri quando, dopo la partita, ha invitato i tifosi del Cagliari che – presi dall’euforia – sfottevano i supporter del Bari a concentrarsi solo sulla propria gioia. Un concetto nobile e importante da veicolare: festeggiamo i nostri successi e non denigriamo l’avversario. È un tema che mi sta molto a cuore. Penso ad esempio alle finaliste italiane di quest’anno nelle coppe europee che, purtroppo, non hanno avuto fortuna. Le loro sconfitte hanno fatto esultare tanti tifosi di altre squadre, il che mi è davvero dispiaciuto. Sarebbe stata infatti l’occasione per riportare finalmente il calcio italiano sul tetto d’Europa.
Questo campanilismo portato all’estremo lo trovo francamente controproducente: in Europa dovremmo remare tutti nella stessa direzione. E ce lo insegna proprio Ranieri, con la sua eleganza e la sua maturità. Un uomo che non è soltanto un grande professionista, ma anche una bellissima persona.”
Monica, ora per il Cagliari è tempo di pensare alla serie A. In sede di mercato secondo lei la squadra va stravolta o semplicemente limata, per renderla competitiva anche nel massimo campionato?
“Io ritengo che gli artefici di un’impresa vadano sempre premiati. Dunque terrei in grande considerazione i giocatori che hanno compiuto questa cavalcata così esaltante. Certo che la serie A richiede un livello molto alto. A mio avviso l’esperienza traumatica della retrocessione dell’anno scorso sarà di insegnamento per la società, che dovrà allestire una squadra in grado di ben figurare in massima divisione con l’obiettivo primario, naturalmente, di mantenere la categoria.”