La Repubblica - Gigi Riva, il ricordo dell'amico ristoratore

Nel portale de La Repubblica, bella intervista a Giacomo Deiana proprietario del ristorante "Stella Marina di Montecristo" dove Gigi Riva andava a mangiare ogni sera. Mercoledì sera il ristorante era chiuso per lutto e 3 rose al tavolo apparecchiato per Gigi Riva: “Lo lascerò così per sempre, con le posate, il bicchiere e il tovagliolo, com’era da tanti anni”.
AMICIZIA: "Era il 1990, gli avevano parlato del mio ristorantino, lui cercava un angolo dove sentirsi a casa: è un posto semplice, si vede che gli è piaciuto. E’ stato un dono, per me. Forse un po’ ci somigliavamo. Ma lui non regalava niente: prima di far entrare qualcuno nelle sue giornate, ci pensava bene”.
L'ULTIMA VOLTA : “Gigi non riusciva mai a dormire, anche da giovane. il mio telefono ha squillato alle tre e mezza di notte tra giovedì e venerdì. Non mi sono spaventato, sapevo che era lui. Gli ho chiesto: Gigi, stai bene? Hai bisogno di qualcosa? E lui mi ha detto “tutto a posto, voglio solo parlare con te del più e del meno”. Gigi Riva era così: se stavi dentro la sua vita, dovevi prendere e dare tutto”.
TUTTE LE SERE A CENA: "aveva rallentato solo negli ultimi tempi, quando a volte gli portavamo la cena a casa.
Altrimenti si sedeva al suo solito tavolo, vede, quello lì nell’angolo con attorno le maglie e le fotografie, e aspettava che gli servissi quello che avevo preparato. Mangiava di tutto, non faceva storie. A volte, con uno o due giorni di anticipo mi chiedeva un piatto particolare, per esempio l’ossobuco che gli ricordava la sua mamma. E io lo facevo cucinare da mia moglie che è milanese, lombarda come Gigi”.
SEMPRE DISPONIBILE: “Quando qualcuno voleva avvicinarlo, domandava prima a me. Però Gigi non diceva no a nessuno, era sempre pronto per una parola, una fotografia, un saluto. Erano così, i campioni del suo tempo: più vicini alle persone”.
SENZA RIMPIANTI: "Lui era una persona normalissima, viveva in un appartamento bello ma come tanti, niente di speciale. Poteva permettersi qualunque cosa, però ha scelto soltanto ciò che era davvero importante per lui. Se fosse andato alla Juve o all’Inter, avrebbe guadagnato e vinto di più: ma di quei soldi e di quegli scudetti, cosa se ne sarebbe fatto? Non sarebbe stato contento, e allora è stato mille volte giusto che non lasciasse la Sardegna. Mi ripeteva sempre di non essersene pentito, lui qui è stato tutto per noi”.