Un mirto con... Maurizio Franzone: "Il mio Cagliari da mille e una notte che, sotto la guida di Ventura, sbaragliò la serie B e fece faville in A. Ulivieri? Forse con lui non legammo caratterialmente. Tabarez fu esonerato troppo presto"
Ha difeso la porta rossoblù dal 1997 al 2000, collezionando complessivamente tredici presenze. I tifosi isolani, nonostante fosse chiuso da un Alessio Scarpi che in quegli anni viveva il “prime” della sua carriera, ricordano ancora la sua affidabilità e la sua proverbiale capacità di farsi trovare pronto quando il tecnico di turno decideva che era arrivato il suo momento.
Maurizio Franzone, piacentino classe 1969, ricorda con un largo sorriso i suoi - felici - trascorsi cagliaritani. E, intervistato da Tuttocagliari.net, non manca di esprimere un’opinione sull’attuale compagine allenata da Fabio Pisacane, che tra alti e bassi prosegue la sua battaglia per riconfermarsi in massima serie.
Maurizio, lei a Cagliari ha vissuto tre anni intensi e, sportivamente parlando, a tratti entusiasmanti. L’unica macchia è rappresentata dalla dolorosa retrocessione in serie B maturata al termine della stagione ’99-’00. Cosa si porta appresso, a livello calcistico e umano, della sua esperienza nell’Isola?
“Dal punto di vista professionale è stata il picco della mia carriera. Raggiungere la serie A a Cagliari poi non è affatto banale: il Cagliari rappresenta un’intera isola e, soprattutto, un intero popolo. Il primo anno di Ventura in Sardegna, il ’97-’98 in serie B, non fu facile all’inizio: tardammo un po’ a comprendere ciò che ci chiedeva l’allenatore ligure. Ma la squadra era fortissima in rapporto agli avversari, soprattutto se pensiamo che giocava in cadetteria. E il meglio, sotto il profilo del gioco espresso e dei risultati ottenuti, venne in serie A l’anno successivo, coinciso anche col mio debutto nella categoria regina a Marassi contro la Sampdoria. Nella stagione ’99-‘00 avevamo ancora una buona squadra, eppure l’annata prese subito una bruttissima piega. Mister Tabarez probabilmente fu cacciato troppo presto.”
Proprio a tal riguardo, secondo lei cosa è mancato a quel Cagliari allenato da Renzo Ulivieri - che poteva contare su un parco giocatori di prim’ordine - per disputare un buon campionato e ottenere una salvezza che, ai nastri di partenza, pareva ampiamente alla portata?
“Difficile dirlo. Tanto per cominciare passammo da un allenatore come Ventura, che dava un’impronta molto marcata dal punto di vista dell’espressione calcistica - era maniacale nello studio dei dettagli e dei meccanismi da riproporre in campo, che ripetevamo infinite volte durante la settimana - a un tecnico come Tabarez, che al contrario ci lasciava tantissima libertà tattica. Già questo probabilmente ci spiazzò un po’. Però il Maestro uruguaiano fu mandato via troppo presto. Pensi che all’epoca una delegazione della squadra, guidata dai veterani, chiese al presidente Cellino di non esonerarlo. Ad ogni modo poi arrivò Ulivieri, allenatore metodico, validissimo e preparato, oltre che molto preciso. Ma forse a livello personale non riuscimmo a legare fino in fondo con lui: mancò l’alchimia umana, l’empatia. Del resto non si può andare d’accordo con tutti i calciatori con cui si lavora... In più quell’anno Fabian O’Neill, uno che in campo quando voleva spostava letteralmente gli equilibri, era stato di fatto venduto alla Juventus. Intendiamoci, Fabian era una persona eccezionale: sarebbe bastato motivarlo nella maniera giusta per far sì che rendesse comunque al cento per cento. Ma Ulivieri, al contrario, lo prese un po’ troppo di petto. Lo stesso discorso vale per Patrick M’Boma: anche lui andava ‘coccolato’, non spronato in maniera brusca come faceva Renzo.”
Veniamo al Cagliari attuale. Che bilancio si può azzardare del girone d’andata, vissuto tra alti e bassi, sotto la guida di Fabio Pisacane, tecnico esordiente in serie A?
“Il nuovo Cagliari è partito bene: ha perso in maniera sfortunata a Napoli alla seconda giornata, poi ha inanellato alcune preziose vittorie. Quindi è entrato in una sorta di spirale negativa fatta di pareggi e di sconfitte. Con la Roma sembrava essere uscito dal tunnel, ma poi soprattutto contro il Pisa è mancato qualcosa nella gestione del risultato. Forse un po’ di esperienza. Ora la squadra è fin troppo vicina al terzultimo posto, quindi capisco la preoccupazione dei tifosi. Di certo l’infortunio di Belotti, che stava facendo molto bene, ha influito negativamente sia dal punto di vista tecnico che sotto l’aspetto psicologico. Però domenica scorsa ha finalmente segnato il turco Kiliçsoy, che secondo me è un buon giocatore. Il portiere Caprile poi è molto forte: mi piace tantissimo.
In definitiva, credo che al Cagliari manchi un pizzico di malizia. E anche di fortuna: con quei quattro-cinque punti in più in classifica - che erano assolutamente alla portata dei rossoblù - oggi staremmo qui a fare altri discorsi.”