Il primo muro...

di Vittorio Sanna
Come i ragazzini di una volta che a saltare per entrare gratis si specializzavano fin da piccoli. Il Cagliari ha tentato di saltare l’Inter per entrare gratis o quasi nell’Olimpo del campionato ma stavolta non c’è riuscito. Troppo “alta” tecnicamente la squadra nerazzurra, capace di rendere scivoloso il percorso dei pur agguerriti ragazzi di Pisacane.
Ma il tentativo non è un fallimento, è una tappa. La prossima volta si potrà riuscire a conquistare qualche metro in più, non è detto scavalcarlo ma crescere. È questa la deduzione costruttiva da trarre dopo una gara in cui hai tentato di passare al costo di pestarti il muso.
Inter attenta a non concedere niente. Chivu ha schierato il centrocampo più collaudato, puntando sulla tecnica, sul palleggio, sulla precisione, per matare il pressing ossessivo a tutto campo dei rossoblu. Andati spesso a vuoto per effetto della grande tecnica e disinvoltura del trio Mkhitaryan, Chalanoglu, Barella. Soprattutto quest’ultimo è apparso in gran spolvero, non potendosi permettere in un momento in cui anche lui è finito nel tritacarne delle critiche, di giocare sotto il suo ritmo massimo.
Il Cagliari poteva farsi male perché l’Inter ha avuto tante occasioni ma nessun riposo, se non negli ultimi cinque minuti dopo il gol di Pio Esposito. Non è venuta a incassare ma a lavorare per guadagnare, e questo per merito della caparbietà rossoblu che, stando in partita e correndo i suoi rischi, ha avuto l’occasione per pareggiare poco prima del raddoppio nerazzurro.
Bisogna quindi trarre gli aspetti positivi che sono stavolta quasi tutti emotivi. Entrando nel dettaglio dei singoli. Apprensione per Belotti che, proprio in virtù della grande voglia di lottare si è procurato una distorsione al ginocchio di cui si aspetta di verificare l’entità. Appunto per programma di miglioramento per Sebastiano Esposito. Il suo margine di crescita più evidente è nel gioco senza palla. Aspetta quasi sempre di vedere partire il passaggio prima di muoversi o per continuare ad aggredire lo spazio. Un blocco mentale che è anche un segno di responsabilità difensiva, non voler perdere la posizione. Ma nel calcio di oggi devi arrivare prima e prevederesulla base di intese e situazioni tattiche studiate in settimane. Altro appunto orientato alla crescita: la gambina corta di Luperto. Si è ripetuto, in situazione simile a quanto successo a Napoli, con il gesto di ritrarsi per paura dell’autogol, lasciando passare l’assist per Esposito. Una paura da superare in considerazione che l’autogol non è un danno superiore al gol subito, e tentare di dare un calcione, anche con la porta spalancata davanti, per girare lontano è una possibilità concreta di non subire il gol, maggiorerispetto al far passare il pallone. Ultima esperienza da mettere nell’albo dei processi di crescita: mai dare le spalle a un avversario come ha fatto Obertin occasione del gol che ha cancellato in avvio le ansie nerazzurre. La posizione ideale del difensore è un occhio al pallone e uno all’avversario, stando tra l’attaccante e porta. Offre la possibilità che ha sfruttato Lautarodella spintarella che ti manda fuori tempo e non permette di saltare pulito come vuoi.
Esperienze, costruttive, se vuoi imparare a saltare anche i muri più alti e godere di spettacoli apparentemente riservati solamente ai più ricchi.