Castan: "Il tumore al cervello ha spazzato tutti i sogni. A Torino e Cagliari non ero più io"

Castan: "Il tumore al cervello ha spazzato tutti i sogni. A Torino e Cagliari non ero più io"TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
Oggi alle 09:15Rassegna stampa
di Redazione TuttoCagliari

La Gazzetta dello Sport ha intervistato l'ex difensore di Roma e Cagliari, Leandro Castan. Le sue parole: "Ho avuto paura di morire - spiega -. Mi venne diagnosticato un cavernoma, ovvero una malformazione vascolare del cervello. Lì è finita la mia carriera. Il tumore ha spazzato in tribuna i miei sogni. Avrei vinto lo Scudetto con la Roma e giocato il Mondiale col Brasile". 

Le avvisaglie il 13 settembre del 2014, nel corso di Roma-Empoli. Maicon si accorse che qualcosa non andava: "In quei 15’ è finito tutto. Maicon andò da Garcia e disse “Leo sta male, cambialo”. Sono uscito dal campo e non sono più rientrato. Il giorno dopo mi sono svegliato con un mal di testa particolarmente acuto, sono andato in ospedale e ho fatto una risonanza. Il corpo non rispondeva più, ho avuto paura di morire. All’inizio la Roma non mi ha comunicato nulla, sicuramente per proteggermi. Capivo che erano preoccupati, mi dicevano solo di stare calmo. Quando l’ho scoperto è stato terribile. Sono passato dalla lotta per vincere lo scudetto con i giallorossi a stare in un letto d’ospedale a combattere con un tumore. Un incubo, vomitavo ogni giorno. Avevo perso 15 kg in due settimane. L’obiettivo era diventato sopravvivere, altroché. Il calcio in quei momenti viene dopo".

Al suo rientro, niente fu più come prima: "Le racconto questo. Ricordo alla perfezione il primopallone su cuiprovai ad andare quando ripresi gli allenamenti con la Roma. Provai a stopparla ma mi passò sotto le gambe. Era come se avessi perso il controllo del mio corpo. Una sensazione tremenda. In quel momento ho pensato di smettere? Sì, tante volte. Non so spiegare a parole la delusione.Non ti riconosci, vuoi raggiungere un livello ma non ci riesci. In quel periodo piangevo sempre. E arrivai anche a litigare con i compagni. Come quel giorno con Dzeko... In allenamento Edin si girò e mi diede una manata. Io me la presi e dopo 5 minuti gli entrai in modo duro, facendogli un brutto fallo. Lui mi insultò, volarono un po’ di parole. Poi la sera l’ho chiamato e mi sono scusato, oggi siamo buoni amici. Successe anche con Keita. Discutemmo in allenamento, io stavo male e mi scaldavo subito. Poi anche con Seydou è rientrato tutto già negli spogliatoi". 

"Mi dispiace non essere riuscito a rimanere a quel livello - aggiunge Castan -. Ce l’ho messa tutta, non è bastato. Il mio successo è stato riuscire a tornare in campo. A un certo punto, però, allenarsi era diventato deleterio. Ho provato anche ad andare in prestito per giocare e riprendere fiducia e minuti: sono stato prima a Torino e poi a Cagliari. Ma non ero più io. E quando la Roma decise di non rinnovarmi il contratto scelsi di tornare in Brasile. Poi, dopo un paio di anni, ho mollato tutto".