Tuttosport - Heysel, le 39 vite che contano ancora. La storia dei cagliaritani Giovanni e Andrea Casula

"Le 39 vite che contano ancora", titola stamattina Tuttosport. Trentanove anni fa a Bruxelles, prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool.
Il 29 maggio 1985 a Bruxelles una delle tragedie più assurde di sempre, causata dagli hooligans del Liverpool. E una ferita troppe volte riaperta con gli insulti alla memoria
Trentanove anni fa, trentanove persone, fra i 10 e 57 anni, morirono in uno stadio. Nessuno dovrebbe mai morire per una partita di calcio ma, trentanove anni fa, il destino, con la collaborazione dell'insipienza delle autorità belga e dell'Uefa, si prese trentanove persone, nel settore Z dello stadio Heysel di Bruxelles. Bisogna fare attenzione, trentanove persone, non trentanove tifosi e, men che meno, trentanove juventini (che poi manco erano tutti juventini). E bisogna fare attenzione perché se non ripartiamo da qui, dal concetto di persona, in questo anniversario che fa tristemente combaciare i numeri, rimarremo sempre intrappolati nell'analfabetismo morale dell'insulto, barbarizzando la memoria, il bene più prezioso per far progredire il genere umano.
Tra chi perse la vita - scrive il quotidiano torinese - c'era anche il piccolo Andrea Casùla, che aveva quasi undici anni e due passioni calcistiche: la Juventus e il Cagliari; c'erano mogli che accompagnavano i mariti; c'erano, appunto, trentanove "persone", ognuna con la sua vita, ognuna con la sua storia.
In basso le immagini, i nomi e i profili di tutte le vittime:
Andrea Casula - Aveva 10 anni, di Cagliari. Giocava a calcio, tifava Cagliari e Juve. All’Heysel era con papà Giovanni. È la vittima più giovane.
Giovanni Casula - Papà di Andrea, 43 anni, di Cagliari. Era dirigente dell’azienda Cosmin. Lasciò la moglie e una glia, Emanuela