UN MIRTO CON... ANDREA LAZZARI

UN MIRTO CON... ANDREA LAZZARITUTTOmercatoWEB.com
© foto di Federico De Luca
giovedì 13 luglio 2023, 00:00Un mirto con...
di Matteo Bordiga

Un pezzo insostituibile dell’Allegri-Land, il parco giochi rutilante che ha divertito i tifosi del Cagliari per quasi due anni a suon di grandi prestazioni, calcio champagne e sgambetti clamorosi in serie ai danni delle più blasonate squadre italiane.

Andrea Lazzari era un centrocampista duttile e camaleontico. Sapeva giocare da interno, da esterno e da trequartista. Le sue doti migliori erano l’ultimo passaggio e il tiro dalla distanza, col quale ha fatto male a tanti portieri in carriera.

In maglia rossoblù per lui 104 presenze complessive e 9 reti, distribuite in tre stagioni – dal 2008 al 2011 – per lunghi tratti brillanti ed entusiasmanti. Con, sullo sfondo, la dolce chimera di un piazzamento europeo, sogno coltivato sia il primo che – soprattutto – il secondo anno con Max Allegri al timone, quando a febbraio la musichetta della Champions League iniziava incredibilmente a riecheggiare nelle orecchie dei giocatori e dei tifosi. Prima dell’imprevedibile, drammatico crollo finale, che trasformò una meravigliosa utopia in un gelido, impietoso bagno di realismo.

Andrea, riavvolgendo il nastro della memoria rispolveriamo il suo arrivo a Cagliari, nel 2008. I rossoblù erano reduci dalla strabiliante rincorsa salvezza coronata con Ballardini, lei veniva dall’esperienza in serie B col Grosseto. Che ambiente trovò in Sardegna?

“Devo dire che, al mio arrivo nell’Isola, francamente mi sentivo un po’ spaesato. L’impatto fu abbastanza traumatico per via del forte vento che trovai. Non immaginavo che soffiasse in modo così impetuoso. Ricordo che agli allenamenti il pallone si muoveva continuamente, non si riusciva a tenerlo fermo. Ma serbo invece un ricordo bellissimo del momento in cui mi presentai alla squadra: io provenivo dalla serie B, e Daniele Conti mi accolse con un’umiltà e un affetto tale che sembrava fossi io il giocatore di serie A. Mi trovai benissimo con tutti: da Lopez a Cossu, da Fini a Lupatelli, da Biondini a Matri. Con Alessandro in particolare si creò un’intesa speciale, che ci portò a confezionare insieme parecchi gol e giocate importanti.

Nel momento stesso in cui fui introdotto ai nuovi compagni capii che stavo entrando in un gruppo meraviglioso.”

Prima stagione in rossoblù: 2008-2009, Max Allegri in panchina e un Cagliari d’assalto, capace di espugnare campi difficilissimi e di imporre quasi sempre il suo gioco gli avversari. Si divertiva a giocare in quella squadra tutta calcio e fantasia?

“Fu una stagione da incorniciare. Iniziata, per la verità, non certo in modo semplice: perdemmo infatti le prime cinque partite, e la stampa si meravigliò del fatto che Cellino non sollevasse dall’incarico Max. Ma il presidente, da grande uomo di calcio quale era, aveva intuito le potenzialità della squadra e dell’allenatore, e aveva resistito alla tentazione dell’avvicendamento in panchina. Così nel tempo raccogliemmo i frutti del lavoro e delle idee di Allegri, proponendo un calcio innovativo, aggressivo e d’attacco.

Io spesso subentravo a partita in corso, ma quasi sempre facevo bene e finivo col risultare decisivo. O con un assist – soprattutto ad Alessandro Matri, col quale affinavo sempre di più l’intesa partita dopo partita – o con qualche gol.”

Tra l’altro quell’anno stabiliste il record di punti – 53 – della storia recente del Cagliari in serie A, centrando un lusinghiero nono posto finale. Una domanda provocatoria su Allegri: quel Cagliari giocava in scioltezza, offrendo un calcio spumeggiante e propositivo. Tutto il contrario della Juventus attuale, allenata sempre da Max. Sono cambiati i tempi, gli interpreti o è cambiato Allegri?

“Personalmente non credo che lui abbia cambiato poi così tanto il suo modo di intendere il calcio. Magari sono cambiati gli interpreti e, soprattutto, gli avversari hanno imparato a leggerlo e a conoscere i suoi punti di forza. Poi probabilmente le ultime annate non sono andate come lui sperava: a volte capita che le stagioni non seguano il corso che tu ti eri prefigurato e auspicato.”

Veniamo alla seconda annata vissuta in rossoblù. Nel campionato 2009-2010 per sei mesi lasciaste a bocca aperta l’Italia intera, propugnando un calcio totale e arrivando addirittura alle soglie della zona Champions League, sfiorando il quarto posto. Poi ci fu un crollo drastico e verticale. A distanza di tanti anni, a cosa attribuisce quel tracollo che spense sul nascere sogni di gloria che mai il Cagliari aveva osato coltivare, prima di allora, dai tempi dello Scudetto?

“A livello personale trovai più continuità di impiego e, di fatto, mi conquistai una maglia da titolare. A cosa fu dovuto il crollo nel girone di ritorno? Eh, a saperlo… Se avessimo trovato una chiave di lettura all’epoca ci avremmo sicuramente messo una pezza. A volte certe dinamiche entrano all’interno di una squadra, magari in maniera inconsapevole, e ti impediscono di proseguire sulla scia virtuosa delle partite precedenti. Fu un gran peccato, perché eravamo a un passo dal lottare per un traguardo grandissimo. Ma rimane comunque il ricordo di un’altra annata bella e spettacolare.

Certo, se avessimo coronato il sogno europeo avremmo scritto la storia. Credo che a un certo punto subentrò anche, a livello inconscio, una certa rilassatezza mentale: magari il fatto di aver raggiunto praticamente subito la salvezza, che era il nostro obiettivo di inizio anno, ci condizionò negativamente. Se voglio dire che in qualche modo ci accontentammo? Beh, ci ritrovammo improvvisamente a competere per un traguardo che non era stato preventivato. E un po’ tutti noi, me compreso, eravamo abituati a lottare solo per salvarci. Anche all’Atalanta o al Grosseto giocavo con l’idea fissa di mantenere la categoria. Diciamo che non riuscimmo a fare quel salto di qualità, tecnico e psicologico, che sarebbe stato necessario per tenere il sogno vivo fino alla fine.”

Andrea, il Cagliari oggi, dopo due anni di tribolazioni e indicibili sofferenze, è di nuovo in serie A. Ci sono secondo lei i presupposti per costruire un progetto di lungo periodo che possa portare la squadra a competere, entro qualche stagione, per obiettivi più ambiziosi di una semplice salvezza?

“Questo lo dovranno stabilire il tecnico e la dirigenza. Quello che posso dire io è che Ranieri ha fatto un lavoro eccezionale a Cagliari. Per cui il binomio Cagliari-Ranieri mi sembra l’ideale per pianificare un progetto serio e duraturo. Vedremo quali saranno le intenzioni e le mosse della società.”