UN MIRTO CON... ANDREA PISANU

UN MIRTO CON... ANDREA PISANUTUTTOmercatoWEB.com
venerdì 23 giugno 2023, 04:07Un mirto con...
di Matteo Bordiga

Un sogno appena accarezzato e poi subito abortito. La speranza di una carriera luminosa nella squadra della sua città andata in fumo dopo appena due presenze, nella stagione 1998-’99, che l’avevano visto vestire la maglia tanto amata e agognata.

Al posto di una lunga militanza in rossoblù il cagliaritano Andrea Pisanu, esterno destro e trequartista classe 1982, si è dovuto “accontentare” di una scoppiettante avventura calcistica spesa in giro per l’Italia e per il mondo. Ha infatti indossato la casacca di molte squadre di serie A, B e C1, per poi approdare in Canada e infine stabilirsi a Malta, dove ha chiuso la carriera e si è concentrato sul suo nuovo percorso da allenatore.

Tra poche settimane rientrerà con la famiglia in Italia, precisamente a Firenze, con l’obiettivo di sedere su qualche panchina del Belpaese. E chissà, magari – da figliol prodigo – tornare a Cagliari e vivere in rossoblù, da tecnico della prima squadra, quello che non è riuscito a conquistare da calciatore sul campo.

Andrea, impossibile dimenticare il suo debutto in rossoblù: campionato 1998-’99, Juventus-Cagliari 1-0. Lei entrò nel secondo tempo e sfiorò perfino il gol del pareggio. Ad appena sedici anni. Che emozione fu calcare il terreno del Delle Alpi a quell’età e, soprattutto, indossare per la prima volta la maglia della squadra della sua città?

“Mi ricordo quel giorno come se fosse ieri. Entrai al posto di Carruezzo, e cominciai a sentire i brividi fin dal momento in cui mister Ventura mi disse di scaldarmi. Andai vicino al gol dell’1-1 su un cross di Vasari: mi avventai sul pallone di testa al centro dell’area, ma la conclusione venne leggermente deviata e sfilò di pochi centimetri a lato del palo. Tra l’altro giocammo una grande partita a Torino, e non avremmo certo meritato di uscire sconfitti. Decise uno sfortunato autogol su una giocata di Inzaghi. Ma io avevo realizzato il mio sogno: debuttare in serie A con la maglia dei quattro mori.”

Lei era un giocatore tecnicamente dotato, estroso, abile sotto porta e capace di fare le due fasi. A suo avviso come mai la sua carriera al Cagliari non decollò mai, mentre trovò più fortuna in altre piazze, prima fra tutte Parma, di serie A e B?

“Mi sono dato tante spiegazioni nel corso degli anni. Inizialmente magari attribuisci la colpa, oltre che ovviamente a te stesso, all’ambiente e alla società. Detto questo ho l’impressione che il mio debutto, tanto precoce quanto entusiasmante e inaspettato, non sia stato gestito al meglio un po’ da tutti. Naturalmente io all’epoca avrei firmato in bianco per rimanere al Cagliari per altri dieci anni, ma le dinamiche del calcio, e soprattutto del calciomercato, sono varie, mutevoli e continuamente in evoluzione. Purtroppo sono dovuto emigrare per impormi ad alti livelli e per trovare la mia dimensione.

Oggi francamente, a sei anni dalla fine della mia carriera agonistica, guardandomi indietro il rammarico di non essere riuscito a sfondare coi colori della mia città c’è. Quel debutto a Torino era stato fin troppo bello ed elettrizzante. Anche perché era il culmine di tutto un percorso fatto prima, partito dalle giovanili – sono entrato nel Cagliari ad appena nove anni – e giunto fino alla prima squadra. Mi sarebbe piaciuto tanto poter fare di più, ma evidentemente la strada da seguire per me era un’altra e le cose sono andate così.”

Poi, dopo gli anni vissuti in Italia, si è lanciato in una doppia esperienza all’estero, sperimentando prima il calcio canadese e poi quello maltese. Come si è trovato in queste due realtà?  

“È stata un’esperienza meravigliosa. E dirò di più: se avessi saputo che sarebbe andata così l’avrei fatta molto ma molto prima. Ho trovato lo sport con la ‘s’ maiuscola. Chiaramente si tratta di un calcio diverso da quello italiano, ma quando hai venti-ventidue anni ti piace sentire addosso la pressione, vivere per la gara della domenica e sapere che quella è la partita che non si può sbagliare. A trenta e passa anni cominci ad apprezzare di più l’organizzazione, l’efficienza delle strutture, la bellezza delle città. Montreal in particolare è una città fantastica, e lì è nato il mio secondo figlio. Vivere lì mi ha arricchito da ogni punto di vista e mi ha aperto la mente. Infatti, non a caso al termine dell’avventura canadese ho voluto provare un’altra esperienza all’estero, e ho scelto Malta, dove tuttora vivo.

Mi affascinava continuare a conoscere nuovi modi di pensare e di lavorare. E inoltre volevo che i miei figli continuassero a imparare l’inglese: stanno crescendo poliglotti e con tante finestre mentali aperte su altre culture e su altri mondi. Alla fine con la mia famiglia abbiamo deciso di stabilirci a Malta perché qui si vive bene e anche per consentire a me di iniziare una seconda vita professionale, da allenatore. A 40 anni ho preso tutti i patentini possibili: sono in possesso dell’Uefa Pro. Questo per me è un punto di partenza verso un’auspicabile nuova carriera.

Inoltre dal punto di vista delle attrazioni culturali e della bellezza paesaggistica Malta richiama molto da vicino la Sardegna. Certi scorci mi ricordano tanto Cagliari e dintorni. Anche per questo ci siamo fermati qui per un periodo decisamente lungo: ormai sono quasi nove anni. Tuttavia ora crediamo sia venuto il momento di aprire un nuovo ciclo: a breve ci trasferiremo a Firenze, la città di mia moglie, sperando di dare il via a una fase della nostra vita ancora più gratificante sotto il profilo personale e professionale. Io del resto sono innamorato di tre città: ovviamente di Cagliari, di Parma – dove si sta benissimo – e per l’appunto di Firenze.”

Andrea, anche se a distanza ha seguito le imprese del Cagliari di Ranieri che, pur tra inenarrabili sofferenze e dopo una doppia finale vietata ai deboli di cuore, ha conquistato la promozione in serie A?

“Ho seguito tutto con molta attenzione. Certamente ribaltare il risultato in quel modo, dallo 0-2 al 3-2, contro il Parma nella semifinale d’andata ha rappresentato una spinta importantissima sotto il profilo mentale e psicologico. Col Bari, bisogna essere onesti, all’Unipol Domus la buona sorte ha arriso al Cagliari, perché terminare sull’1-1 quella partita è stato già di per sé un grande risultato. Il Bari avrebbe meritato qualcosa in più. Però poi al San Nicola i rossoblù hanno giocato una gara di grande personalità, tatticamente accorta, e si sono ripresi tutto quello che avevano lasciato al Bari in Sardegna, meritando senz’altro la promozione.

Voglio sottolineare che, aldilà degli indubbi meriti dei giocatori, questo successo porta l’inconfondibile firma di Claudio Ranieri. Io ho avuto la fortuna di essere allenato da lui: a Parma ci prese che eravamo ultimi in classifica e, al termine di un’incredibile rimonta, ci salvò ben prima della fine del campionato. So bene in che modo lavora e quanta importanza dia ai valori morali e umani del gruppo. Quando venne da noi in poco tempo cambiò tutto, a partire dai rapporti interni fino all’approccio mentale di ciascun giocatore alla partita. Nessuno credeva più alla permanenza in serie A, e invece la ottenemmo in scioltezza.

È un tecnico e un uomo che si merita tutto quello che ha ottenuto nella sua splendida carriera, perché quello che si vede di lui dall’esterno corrisponde a verità: nei rapporti con la squadra è esattamente come appare in tv e attraverso i media.

Assodato che lui è il principale artefice del miracolo, a ruota vengono i giocatori e, non dimentichiamocelo, anche la società. Bisogna dare a Giulini il merito di aver creduto fortemente in Ranieri e di averlo lasciato lavorare in serenità. Il presidente da un po’ di tempo a questa parte lo trovo cambiato: mi sembra molto più coinvolto, molto più passionale. Ed è forse questo che i tifosi avrebbero voluto vedere anche in passato.”

Magari un giorno, chi lo sa, anche la sua parabola potrebbe compiersi… E, visto che sta intraprendendo la carriera di allenatore in Italia, potremmo vederla sulla panchina del Cagliari. Per realizzare da tecnico il sogno che non era riuscito a coronare da giocatore in maglia rossoblù…

“Sarebbe davvero una bellissima storia. Noi qui diciamo ‘life is long’, per cui mai dire mai… Magari le strade si incroceranno, o magari no. Ma prendo queste parole come un buon auspicio.”