UN MIRTO CON... ANTONIO RAVOT

UN MIRTO CON... ANTONIO RAVOTTUTTOmercatoWEB.com
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giovedì 19 ottobre 2023, 00:00Un mirto con...
di Matteo Bordiga

Sangue sardo non mente.

Antonio Ravot, nato a Roma ma di origini iglesienti da parte di padre, ha militato nel Cagliari in tre diversi momenti. Ha “battezzato” la promozione in serie A del 1979, ha vissuto da protagonista l’avventurosa salvezza - in massima serie - della stagione 1981-82 e, infine, ha vestito per l’ultima volta la maglia rossoblù nel 1983-’84, in cadetteria.

Centrocampista offensivo, non segnava tantissimo ma, quando timbrava il cartellino, metteva a referto reti pesanti.

Antonio, che ricordi le sono rimasti delle sue tre esperienze cagliaritane?

“Il ricordo più bello è legato alla stagione vissuta in serie A, e culminata in una salvezza complicata ma a mio avviso meritata. Quell’anno segnai un gol importantissimo all’ultimo minuto contro il Genoa, che fu cruciale nel nostro cammino verso la permanenza in massima divisione.

Con i tifosi mi sono sempre trovato meravigliosamente bene. Mi dimostravano stima e affetto, ma d’altra parte a Cagliari io ero e sono ancora di casa, nonostante oggi viva a Castelsardo. A livello societario il feeling migliore l’ho avuto col presidente Mariano Delogu. Francamente con gli altri due, Amarugi e Moi, non è che ci fosse questo grande rapporto… Tanto è vero che, dopo l’anno della salvezza in A, mi ritrovai catapultato in serie C, al Padova. In Veneto vinsi il campionato, e contemporaneamente il Cagliari retrocedette in cadetteria. A quel punto fui riscattato e tornai nell’Isola per l’ultima volta. Al termine del campionato 1983-’84 chiesi di essere ceduto definitivamente: ero stanco di essere sballottato da una parte all’altra, per poi tornare sempre a Cagliari e rimanerci un solo anno. Ero diventato una specie di vagabondo del calcio.”

Il Cagliari più forte in cui ha militato, per valori tecnici e morali, è stato quello della serie A (stagione 1981-’82)?

“Beh, sì. Anche se poi a ben vedere lo zoccolo duro di quella squadra proveniva proprio dall’annata in cui centrammo la promozione dalla B. I giocatori erano più o meno gli stessi: i vari Longobucco, Quagliozzi, Marchetti, Bellini, Corti, Lamagni eccetera. Nel 1982 ci salvammo rocambolescamente – ricordo il gol annullato a Graziani della Fiorentina al Sant’Elia, che forse sotto sotto era valido – ma meritatamente, perché ci credemmo fino alla fine e lottammo contro tutto e contro tutti. Sembravamo destinati a finire in B, invece con un colpo di coda sovvertimmo il pronostico.”

Venendo al Cagliari di oggi, si fa fatica ad essere ottimisti. La squadra fa spaventosamente acqua in difesa e fatica maledettamente a segnare. Cosa pensa che farà Claudio Ranieri per spezzare la striscia di risultati negativi maturata nelle prime otto giornate di campionato?

“Ranieri non ha certo bisogno di consigli da parte del sottoscritto. Lui è un tecnico abituato a vincere così come a sgomitare in provincia per strappare la salvezza. C’è da dire che quest’anno non abbiamo ancora visto il Cagliari al completo. Lapadula non ha ancora esordito, di Pavoletti si sono perse le tracce. Davanti gioca stabilmente Luvumbo, che è giovanissimo: non può cantare e portare la croce da solo a quell’età, ha bisogno di maturare. Detto questo, l’angolano ha talento e intraprendenza: sicuramente la sua carriera non terminerà a Cagliari. A mio parere avrebbe bisogno di una valida spalla: attualmente si sobbarca un lavoro massacrante. Praticamente il peso dell’attacco è tutto su di lui.

Il tandem offensivo più performante oggi come oggi secondo me sarebbe quello composto dallo stesso Luvumbo e da Pavoletti. Solo che con la boa livornese al centro dell’attacco occorre che sia i terzini bassi che gli esterni alti si facciano tutta la fascia e mettano cross su cross in mezzo all’area. Ora vedo palloni lunghi buttati per vie centrali senza alcun costrutto, che non servono a niente. A mio parere, di questo passo il Cagliari farà molta fatica a salvarsi. Non sappiamo tenere palla, non abbiamo gente che sappia alimentare la manovra offensiva e servire le punte come si deve. Infatti sono convinto che a gennaio Ranieri si ritufferà sul mercato, per pescare almeno un difensore, un centrocampista e io dico pure un attaccante. Pavoletti ormai ha gli anni che ha, Lapadula non si sa quante partite sia in grado di giocare al top della condizione… E attenzione: i nuovi acquisti dovranno essere elementi collaudati, esperti, da serie A.

Il campionato italiano ancora oggi – se si eccettua la Premier League – è il più difficile d’Europa. Negli altri Paesi non sono tante le squadre che giocano un calcio tatticamente avanzato. Qui in Italia tutti praticano un gioco accuratamente studiato ed evoluto, e infatti con alcuni allenatori stiamo esportando e insegnando la tattica all’estero. Penso a quello che sta facendo De Zerbi in Inghilterra: lui è un cosiddetto ‘giochista’, un maestro del calcio fraseggiato e organizzato che esalta il collettivo. Un mio vecchio allenatore, Renzo Ulivieri, soleva ripetere che ‘il pallone non suda’. Se sai far girare la sfera e hai idee e principi di gioco, prima o poi raccoglierai i frutti del tuo lavoro.

Ranieri sa bene che solo difendendosi non si va da nessuna parte. Occorre creare, costruire, proporre. Punto primo. Punto secondo: a Cagliari abbiamo un grande vantaggio, ossia il sostegno incondizionato che i tifosi offrono alla squadra. A fine partita i cagliaritani magari mugugnano e borbottano, ma nei novanta minuti fanno sentire tutto il loro calore e trasporto. Ed è per questo che in Sardegna i calciatori possono lavorare tranquilli e sereni, soprattutto quando hanno bisogno di rilanciarsi.

Io tutto sommato sono fiducioso. Ora verranno le sfide cruciali contro le dirette concorrenti, nelle quali dovremo costruirci la nostra salvezza. E come Ranieri ha fatto un miracolo l’anno scorso, rivitalizzando il gruppo e tutto l’ambiente, lo stesso farà quest’anno.”