UN MIRTO CON... EMILIANO MELIS

UN MIRTO CON... EMILIANO MELIS
giovedì 8 febbraio 2024, 00:05Un mirto con...
di Matteo Bordiga

Anche lui è preoccupato, e non fa niente per nasconderlo.

Emiliano Melis, ex “stellina” rossoblù a cavallo tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila, fantasista tutto estro e dribbling che si tolse la soddisfazione di realizzare - più di una volta - il sogno che aveva cullato nel suo cuore fin da bambino (“segnare al Sant’Elia e poi andare a esultare sotto la curva”), non fatica ad ammettere che “la situazione è critica”.

Il Cagliari non decolla. Per la verità, non dà neanche la sensazione di aver acceso i motori. E le altre pretendenti alla salvezza, oltre a recuperare punti, sembrano più vive, più motivate, più combattive degli isolani, depressi e abulici fin dalle prime battute di gioco. Insomma, un inno non tanto al “vorrei ma non posso”, quanto al “potrei ma non riesco”.

Ma adesso è giunto il momento di dare una robusta sterzata. Il campionato non aspetta più, e a furia di continuare a lasciare punti per strada si rischia di farsi scivolare la serie A tra le dita…

Emiliano, che momento sta vivendo attualmente il Cagliari e come si esce dal ginepraio in cui si è infilata la formazione rossoblù?

“Ora come ora la situazione è davvero molto critica. Fino a un paio di mesi fa sinceramente c’erano segnali più positivi. Davamo l’impressione di poter vincere le partite che restavano in bilico fino alla fine, anche con i campi operati nella ripresa. Poi a mio avviso la svolta in negativo è stata la perdita di Oristanio per infortunio, in contemporanea con la partenza di Luvumbo per la Coppa d’Africa. Non potendo contare su questi due giocatori la squadra ha perso buona parte del suo potenziale offensivo. Soprattutto ha dovuto rinunciare all’estro e all’imprevedibilità di due dei pochi elementi della rosa capaci di saltare l’uomo e di creare la superiorità numerica. Senza di loro siamo sembrati molte volte una compagine piatta, incapace di trovare il varco, il guizzo, lo spunto giusto per andare in gol.  

A ciò va aggiunto che, mentre gli anni scorsi a questo punto della stagione si intravedevano già un paio di squadre, in fondo alla classifica, virtualmente retrocesse, quest’anno la lotta per la salvezza e più viva e affollata che mai. Praticamente tutte sono ancora in corsa: dal Verona che, nonostante la smobilitazione generale e la cessione di tanti pezzi pregiati, continua a combattere e a giocare bene, all’Empoli, rivitalizzato dalla cura Nicola. Dall’Udinese – che si trova in quella posizione di classifica ma a mio avviso è una signora squadra – alla stessa Salernitana, che dà del filo da torcere a chiunque. Direi che fino al Lecce e al Frosinone sono tutte coinvolte, e tutte assolutamente vive. L’unica cosa che so per certa è che ci toccherà lottare fino all’ultimo secondo dell’ultima partita. Difficile che la salvezza possa arrivare in anticipo, anche alla luce del calendario – tutt’altro che agevole – che ci attende.

Ora la partita di sabato all’Unipol Domus contro la Lazio diventa di fondamentale importanza, per mille diverse ragioni. Dovremo cercare di approfittare del momento di difficoltà che sta attraversando l’undici di Sarri, composto da giocatori di classe cristallina ma in evidente crisi di gioco e di risultati. E comunque ormai non possiamo più guardare in faccia a nessuno: anche contro le big dobbiamo fare l’impossibile per strappare punti. Con i biancocelesti credo sia il caso di osare e di aggredire la partita, proprio perché loro vivono una situazione di estrema tensione e di grande affanno.”

“Obtorto collo” dobbiamo riconoscere che il Cagliari, a poco più di tre mesi dalla fine del campionato, non ha ancora una sua identità tattica e una fisionomia ben precisa. Ranieri cambia spesso assetto e formazione, e la squadra non ha quasi mai trovato stabilità e certezze. Aldilà delle straordinarie qualità caratteriali e delle indiscusse doti di motivatore del tecnico di Testaccio, la sensazione è che tutto questo oggi come oggi in serie A non basti più. Per ben figurare occorre un’organizzazione di gioco collaudata e convincente, della quale in questo momento nel Cagliari non si intravede nemmeno l’ombra.

“Effettivamente non esiste un’ossatura base della squadra. In ogni formazione di serie A ci sono solitamente sette-otto elementi cardine dei quali l’allenatore non fa mai a meno. Gli altri ruotano. Il Cagliari cambia tantissimo fin dall’inizio del campionato, sia a livello di modulo che a livello di interpreti.

Detto questo, io sottolineerei che il bel gioco dipende dalla qualità dei giocatori di cui si dispone. E la qualità è soprattutto quella dei centrocampisti, ovvero i cervelli pulsanti della squadra, gli ingranaggi nevralgici che la fanno girare, i fari della manovra. Se ti vengono a mancare i valori tecnici, la capacità di fraseggio e di palleggio, hai voglia a organizzare un gioco credibile e brillante…”

E allora viene da dire che forse si è sbagliato qualcosa in sede di campagna acquisti estiva. Soprattutto nella scelta dei centrocampisti che dovevano ispirare e illuminare la manovra del Cagliari.

“Senz’altro. Quando una squadra domina il gioco significa che il suo centrocampo la fa da padrone. Il Cagliari da questo punto di vista fa grande fatica. Raramente la palla circola in modo pulito, e ancora più raramente arriviamo al tiro con la manovra ragionata, con fraseggi corti e azioni in linea. E poi torniamo al discorso di prima: le assenze di Luvumbo e Oristanio hanno inciso pesantemente. Loro sono gli unici due che puntano l’avversario, che scombinano i piani alle difese e creano le occasioni da gol con la loro fantasia. Gli altri sono tutti attaccanti d’area di rigore. Certo, si può pensare di adottare soluzioni alternative, come i cross dalle fasce per i colpi di testa delle torri. Ma anche in questo i rossoblù non eccellono. E poi l’idea di buttare palloni in mezzo può essere una strategia estemporanea, da utilizzare solo in certi momenti della partita. Non può essere il leitmotiv del gioco di una squadra: la palla va portata avanti con passaggi rasoterra e con padronanza e proprietà di palleggio, per arrivare al tiro con azioni pulite. Poi sta un po’ anche agli attaccanti inventarsi il gol negli ultimi sedici metri, ma devono essere messi nelle condizioni di colpire.

Noi davanti abbiamo Pavoletti, che è ancora un bomber di razza ma incide soprattutto se entra negli ultimi quindici-venti minuti. Se deve essere lui a trascinare il Cagliari, alla luce della sua età ormai avanzata e dei numerosi infortuni che ha avuto, è normale che in attacco si segni un po’ il passo. Poi attenzione, magari con una vittoria prestigiosa contro una big ci rilanceremo alla grande. A volte basta una scintilla: battendo la Lazio sabato potremmo trovare la vera svolta del nostro campionato. Noi dobbiamo crederci ed essere fiduciosi. Anche perché in questo momento non possiamo fare davvero nient’altro.”