UN MIRTO CON... GIANLUCA GAUDENZI

UN MIRTO CON... GIANLUCA GAUDENZITUTTOmercatoWEB.com
lunedì 29 maggio 2023, 01:17Un mirto con...
di Matteo Bordiga

Dal Milan di Arrigo Sacchi al Cagliari di Giacomini e, successivamente, di Carletto Mazzone. Due anni vissuti in Sardegna, ma a tutta birra. Fino a centrare un’incredibile qualificazione in Coppa Uefa nel 1993, che l’ha consegnato alla storia rossoblù assieme a tutti i compagni di quella memorabile impresa.

Centrocampista dai piedi buoni, forte negli inserimenti e dotato di un certo feeling col gol, Gianluca Gaudenzi al Cagliari si è fatto apprezzare per la continuità di rendimento, per la serietà e per la disponibilità sempre dimostrata nei confronti della squadra e dell’allenatore. Un mediano-jolly capace di ricoprire più ruoli, e prezioso tatticamente nello scacchiere di una vecchia volpe come “Sor Magara”.

Gianluca, come arrivò dal Milan sacchiano a un Cagliari desideroso di alzare l’asticella, dopo una salvezza tribolata ottenuta l’anno precedente?

“Nel 1991 al Milan erano arrivate diverse richieste per l’acquisizione del mio cartellino. Si erano fatte avanti Bari, Fiorentina e, con ancora più decisione e convinzione, il Cagliari. Scelsi la Sardegna, e non sbagliai. Arrivai grazie agli Orrù, una famiglia perbene di persone serie e competenti. Ho saputo, a proposito, che da poco è venuto a mancare il presidente Tonino, che ricordo con grande affetto.  

Ho ancora stampata in mente la partenza lanciata nella stagione 1991-’92: una vittoria da sballo per 3-2 contro la Sampdoria campione d’Italia. In quella partita mi guadagnai un rigore, che contribuì a farci iniziare il torneo nel migliore dei modi. Poi però incontrammo delle difficoltà: subimmo cinque sconfitte consecutive e il mister Giacomini fu esonerato. Al suo posto giunse Mazzone, con il quale facemmo un grande campionato salvandoci in scioltezza. L’anno successivo compimmo un ulteriore passo in avanti, riportando il Cagliari in Coppa Uefa dopo tanti anni.”

Secondo lei cosa non funzionò nella gestione Giacomini? Si ruppe qualcosa tra la squadra e il mister? Quelle cinque sconfitte consecutive ancora oggi si spiegano a fatica.

“Mah, in realtà è difficile dirlo. Eravamo partiti col vento in poppa, ma poi arrivarono tante partite sfortunate in serie che ci fecero precipitare in fondo alla classifica e demoralizzarono parecchio il gruppo. Secondo me alcune di quelle partite non meritavamo di perderle, perché le prestazioni erano state anche buone. Ad ogni modo, poi con l’avvento di Mazzone svoltammo e trovammo continuità di risultati. Carlo fece grandi cose a Cagliari, sia in quella stagione che – soprattutto – nella successiva.”

A proposito di Mazzone, che ricordo le ha lasciato il tecnico romano sia dal punto di vista calcistico che da quello umano?

“Era un allenatore carismatico, con grande personalità. Un’istituzione del nostro calcio: ha fatto bene ovunque è andato. Da noi però è stato aiutato anche dai grandi campioni che c’erano in rosa: da un giovanissimo Fonseca a un già affermato Francescoli, senza dimenticare Gianfranco Matteoli. Per non parlare di tutti i giocatori, per così dire, “di contorno”: Firicano, Napoli, lo stesso Pierpaolo Bisoli che venne fuori proprio in quella stagione. Quella era una squadra con un’anima, un’anima vera. E Mazzone è stato bravo a valorizzarla al cento per cento.”

Mazzone è stato talvolta annoverato, da alcuni analisti e da certa stampa, come un allenatore tendenzialmente difensivista. Il vostro Cagliari però – soprattutto quello che è sbarcato in Europa – praticava un calcio anche spregiudicato e attaccava con molti uomini.

“Allenando quasi sempre squadre che si dovevano salvare, magari è stato costretto ad adottare spesso una tattica prudente. Per questo è passato per difensivista. Ma quando ha avuto in mano un Cagliari brillante e talentuoso ha schierato i giocatori in campo nel migliore dei modi, capitalizzandone al massimo le qualità. In più studiava molto, conosceva gli avversari. Ripeto, è stato un grande allenatore. Non a caso credo detenga il record di panchine in serie A. Parlare di Mazzone, francamente, mi sembra perfino pleonastico, alla luce della carriera che ha fatto.”

Giugno 1993, Cagliari ufficialmente in Coppa Uefa. Cosa ricorda dei festeggiamenti in città, della gioia dei cagliaritani per quel traguardo insperato così meritatamente raggiunto?

“Avevamo il Sant’Elia sempre pieno a quei tempi. Che atmosfera e che ricordi meravigliosi! Ma non era solo il Sant’Elia a ribollire di tifo rossoblù: quando andavamo a San Siro ci seguivano almeno cinquemila tifosi. Il Cagliari è la bandiera della Sardegna, per cui tutti i sardi ci sostenevano in casa e in trasferta, non solo i cagliaritani. Un intero popolo che viaggiava con noi.”

Facciamo un triplo salto in avanti nel tempo: il Cagliari di oggi. Lo segue ancora, ha visto la gara di playoff contro il Venezia?

“Sì, l’ho vista. E dirò di più: il giocatore che ora è sulla bocca di tutti, quel Lapadula che segna praticamente un gol a partita, l’ho lanciato io quando giocava nella Berretti della Pro Vercelli. L’ho fatto esordire in prima squadra. Già allora aveva un carattere e una determinazione bestiale. Da ragazzino impegnava già severamente i calciatori della prima squadra. E poi aveva il gol nel sangue. Sono contento per lui, per i traguardi che ha raggiunto e per la carriera che ha fatto.”

Che chance attribuisce al Cagliari di risalire in serie A, a partire dalla doppia gara di semifinale contro il Parma?

“Io dico che il Cagliari va in serie A. L’ho visto davvero bene ultimamente. E poi… ha Lapadula. Quando puoi disporre di un giocatore così parti sempre in grande vantaggio. Anche il resto della squadra è forte, ma Gianluca fa proprio la differenza.”