UN MIRTO CON... MAURO BONOMI
Cagliari è stata una tappa di passaggio per lui. Un trampolino di lancio verso una carriera più che discreta, che lo ha visto vestire maglie importanti come quelle di Napoli e Torino (e, prima di approdare in rossoblù, quella biancoceleste della Lazio).
In Sardegna il suo percorso è stato dolceamaro, puntellato da 12 presenze in serie A e da un rendimento non sempre in linea con le elevate aspettative che, dati i suoi brillanti pregressi alla Cremonese e a Roma, sponda laziale, i tifosi nutrivano nei suoi confronti. Tuttavia sfornò anche prestazioni convincenti, dando la sensazione di non aver indovinato, in maglia rossoblù, il suo anno migliore.
In effetti poi Mauro Bonomi, centrale difensivo ben strutturato, abile sulle palle alte e attento in fase di marcatura, sbocciò definitivamente al Torino e al Napoli, esprimendo tutte le sue reali potenzialità e ritagliandosi sempre un ruolo da protagonista.
A Cagliari forse sbagliò… l’anno in cui sbarcare in rossoblù. Visse infatti la travagliata stagione 1995-’96, “colorata” dai memorabili manifesti pubblicitari col faccione del Trap - neotecnico ingaggiato in pompa magna da Cellino - che ammiccavano alle sirene europee e promettevano calcio champagne e un campionato da primattori. Ma caratterizzata poi dalle prestazioni altalenanti di una squadra che segnava il passo e, partita dopo partita, sembrava sempre meno in grado di reggere il peso di una tale investitura. Fino al clamoroso esonero del mister di Cusano Milanino, che sancì l’addio ai sogni europei e il ridimensionamento di un Cagliari destinato a una sciapida – per quanto tranquilla – salvezza anticipata.
Mauro, la stagione trascorsa in rossoblù tra luci e ombre non fu forse all’altezza delle aspettative. Cosa ricorda di quell’anno tormentato e vissuto sull’ottovolante, in cui si passava dal giubilo per una serie di vittorie consecutive alla depressione per alcune prestazioni deludenti e prive di nerbo?
“In effetti non fu un campionato esaltante. Però alla fine, a conti fatti, rimanemmo in serie A: quella era la cosa più importante. In più io ebbi l’onore e il piacere di essere allenato da Giovanni Trapattoni, un grandissimo uomo oltre che uno straordinario tecnico. Per cui di quell’esperienza mi restano tantissimi ricordi belli e positivi. Certo, forse i tifosi si aspettavano qualcosa in più, e difatti in alcuni momenti ci furono delle piccole contestazioni. Ci poteva stare: l’importante è che non si sia mai superato il limite. Ad ogni modo, le immagini che mi sono rimaste scolpite in mente della mia permanenza a Cagliari sono decisamente meravigliose.”
Secondo lei, aldilà degli aspetti positivi di quell’annata, cosa andò storto tra il Cagliari e Giovanni Trapattoni? Cosa non funzionò al cento per cento? Era un problema tecnico-tattico, di adattamento alle metodologie del Trap, di incompatibilità caratteriale… o cos’altro?
“Io credo niente di tutto questo. Semplicemente, a mio avviso, qualche giocatore in quella stagione non si espresse al meglio. Per quanto concerne il mister Trapattoni, fu un grande fino a quando rimase con noi. E anche il presidente Cellino fece sentire, dall’inizio alla fine, la sua vicinanza alla squadra. Per cui personalmente rivaluterei l’ottenimento della salvezza, che è sempre un gran bel risultato. Tra l’altro l’anno dopo la squadra retrocedette, ma tengo a sottolineare che non fu per via della mia partenza (ride, NdR).”
A suo avviso qual era il reparto migliore, più affidabile e performante, del Cagliari di Trapattoni prima e di Bruno Giorgi poi, che chiuse il campionato all’undicesimo posto?
“Tutto il complesso era piuttosto solido. Avevamo dei capisaldi che erano, tanto per fare dei nomi, Firicano in difesa, Bisoli a centrocampo, Oliveira e Muzzi in attacco. Eravamo coperti in ogni reparto: l’intelaiatura della squadra era rodata e ben costruita.”
Oggi il Cagliari si riaffaccia alla serie A dopo una promozione sudatissima ed esaltante. Come vede i rossoblù in vista dell’imminente campionato?
“Dal momento che possono fare affidamento su un allenatore di assoluta eccellenza come Claudio Ranieri, esperto e navigato come pochi altri, sono certo che otterranno un buon risultato. Sicuramente partiranno con l’ambizione di salvarsi, poi nel corso della stagione, nel caso, ci sarà modo e tempo per rivedere - ed eventualmente ricalibrare - gli obiettivi.”