UN MIRTO CON... ANTONIO LANGELLA

UN MIRTO CON... ANTONIO LANGELLATUTTOmercatoWEB.com
© foto di Federico Gaetano
mercoledì 31 maggio 2023, 01:06Un mirto con...
di Matteo Bordiga

Il “satanasso” della fascia sinistra. Un vero tornado che spazzava via i difensori e bruciava l’erba del Sant’Elia, rievocando con certe sue giocate le gesta di un altro numero 11 che della Sardegna è il nume tutelare.

Non a caso lo chiamavano “Rombo di Sorso” o, più prosaicamente, “arrogu tottu”, spacco tutto. Le sue cavalcate irresistibili, unite alla velocità supersonica di Suazo, all’agilità flessuosa di Esposito e alla classe regale del “maestro” Gianfranco Zola, hanno forgiato e sublimato uno degli attacchi più prolifici, devastanti e spettacolari dell’ultracentenaria storia rossoblù.

Antonio Langella, tutt’oggi ricordato con affetto e nostalgia dai supporter isolani, ha speso al Cagliari i suoi anni migliori. Dal 2002 al 2007 ha contribuito a una promozione esaltante dalla B e a delle salvezze più o meno tumultuose in massima serie. Il suo scatto folgorante è rimasto scolpito nella memoria dei suoi tifosi e, in generale, degli appassionati di calcio italiani degli anni Duemila.

Antonio, quale delle tante stagioni vissute in rossoblù ricorda con maggior trasporto ed emozione?

“Ne scelgo due. La promozione del 2003-2004 e l’annata successiva, disputata in serie A. Arrivare in massima divisione era l’obiettivo di tutti noi: lo inseguivamo da tempo. Giocare contro i giganti del calcio italiano, e farlo tra l’altro da protagonista, per me è stato il coronamento di un sogno coltivato fin da bambino.”

Torniamo all’anno della promozione. La squadra era attrezzatissima e, forse, perfino fuori categoria per la serie B. Anche se occorre ricordare che in quell’edizione del torneo c’erano tante formazioni blasonate e competitive: dal Genoa al Torino, dal Napoli alla Fiorentina. Ad ogni modo, l’apoteosi fu meritatissima alla luce dei valori tecnici espressi. Lei è d’accordo?

“Assolutamente. Non ce n’era per nessuno, nonostante il valore delle rivali. Poi bisogna sottolineare che noi giocavamo spesso non solo con tre, ma addirittura con quattro uomini d’attacco, perché il mister metteva Zola dietro a noi punte. Per cui la fase offensiva era esplosiva e spettacolare. Devo dire che il novanta per cento del merito, quell’anno, fu di Gianfranco: lui ci lanciava col contagiri e la palla arrivava perfetta sui piedi. A noi bastava correre e, grazie ai suoi assist, ci trovavamo subito nelle condizioni di tirare in porta. Le pochissime volte che sbagliava il lancio, poi, compensavamo noi con la nostra velocità.

Eravamo coesi e uniti in tutto, ci aiutavamo l’un l’altro. Io credo che quella sia stata una delle squadre più forti che il Cagliari abbia mai avuto nella sua storia.”

Primo anno in serie A, stagione 2004-2005. L’ambientamento nella massima serie fu immediato o incontraste qualche difficoltà nel salto di categoria?

“Non avemmo grossi problemi. Disputammo un campionato bellissimo, divertendo e divertendoci. In campo ci trovavamo e funzionavamo esattamente come in serie B. Alla faccia di quelli – ed erano in tanti – che a inizio stagione ci davano già per spacciati, preconizzando un nostro immediato ritorno in cadetteria.

C’è da dire che dopo un girone d’andata stupendo, al termine del quale eravamo praticamente già salvi, nel girone di ritorno tirammo un po’ i remi in barca e calammo dal punto di vista mentale. Fu questo che ci impedì di chiudere in una posizione di classifica ancora più prestigiosa, unito a un pizzico di inesperienza. Non tutti avevano capito fin da subito la serie A: mentre in serie B ti puoi permettere magari di sbagliare due o tre volte, in serie A al primo errore paghi. Questa è la grande differenza.

Noi comunque eravamo già soddisfatti di esserci salvati in carrozza da squadra neopromossa, e credo che quella stagione vada considerata ampiamente positiva per il Cagliari.”

Maggio 2005, semifinale di Coppa Italia con l’Inter. Una sua istantanea di quel match, che fece sognare la finale con la Roma.

“Come ho detto prima, in quella fase della stagione eravamo in calo. La testa, per certi versi, era già in vacanza… Non eravamo più la squadra brillante e travolgente del girone d’andata. Affrontavamo un’Inter molto forte, che faticò al Sant’Elia ma dominò in lungo e in largo la gara di ritorno al Meazza. Noi tutto sommato eravamo già contenti di aver raggiunto la semifinale: queste sconfitte ti aiutano a crescere, ti fanno maturare e acquisire esperienza."

Nelle sue ultime due stagioni in rossoblù il rendimento della squadra calò lievemente. Arrivarono due salvezze, ma piuttosto tribolate. Avevate perso un po’ di smalto rispetto agli anni precedenti?

“Beh, c’era stato l’addio di Zola che aveva inciso fortemente. Calammo sicuramente, e in campionato incontrammo dei problemi che non avevamo avuto nelle stagioni precedenti. Ma ogni annata fa storia a sé, ed è figlia di tante variabili.”

All’epoca si disse che quel Cagliari, dopo il ritiro dal calcio di Zola, non avesse grandi alternative di gioco allo schema che prevedeva il lancio lungo per voi attaccanti che scattavate in velocità. Era una squadra troppo Esposito-Suazo-Langella dipendente?

“Mah, quella squadra era stata costruita così, col 4-3-3 e con le palle lunghe per noi tre, che con gli scatti in profondità prendevamo di infilata le difese avversarie. Il nostro gioco si basava tutto sulle ripartenze a campo aperto. E facevamo fatica a trovare delle varianti, anche perché quando mancava Suazo o mancava Esposito o mancavo io subentravano dalla panchina attaccanti che avevano caratteristiche diverse dalle nostre. Ed era complicato per loro adattarsi a quel tipo di gioco.”

Veniamo al Cagliari attuale. Che idea si è fatto della formazione di Ranieri, ancora in corsa per la promozione tramite playoff?

“Hanno iniziato con qualche difficoltà, poi l’arrivo di Ranieri ha rimesso a posto le cose. La squadra si è ricompattata e adesso se la gioca per tornare in serie A. Io lo dico da tempo: il Cagliari, come organico, è la compagine in assoluto più forte della cadetteria. Chiaramente i nomi non bastano a vincere le partite, ma se parliamo di rosa di giocatori, beh quella del Cagliari non ha eguali. Anche il Bari è una formazione molto competitiva, e infatti nell’altra semifinale lo vedo favorito sul Südtirol.”