UN MIRTO CON... EMILIANO MELIS: "Cagliari, bene la salvezza, ma i tifosi vorrebbero vivere un campionato diverso e vedere la squadra esprimere un calcio più divertente. Un po' come avveniva negli anni Novanta, quando il S.Elia era un fortino..."

L’ex fantasista del Cagliari Emiliano Melis, intervistato da Tuttocagliari.net, passa ai raggi X la stagione vissuta dall’undici di Davide Nicola, evidenziandone luci e ombre.
Emiliano, che voto complessivo possiamo dare alla stagione del Cagliari? Anche quest’anno è arrivata la salvezza, ma è altresì vero che non si sono registrati sensibili miglioramenti rispetto all’annata precedente. E le nove sconfitte casalinghe (su venti totali) gridano vendetta…
“L’obiettivo della salvezza rimane sempre la priorità assoluta. E non è mai scontato. Certamente rispetto all’anno scorso ci si poteva aspettare qualcosa in più, ma è anche vero che il Cagliari la scorsa estate non ha certo acquistato fuoriclasse o elementi in grado di far compiere il salto di qualità… L’intelaiatura è rimasta più o meno quella della stagione vissuta con Ranieri in panchina. E, con questi interpreti, non potevamo pretendere calcio champagne. A mio avviso quello di Roberto Piccoli è stato un ottimo innesto: più e più volte ha fatto reparto da solo, battagliando contro tutta la retroguardia avversaria. Magari non è un vero e proprio cecchino dell’area di rigore, però ha toccato la doppia cifra e dunque il suo contributo l’ha dato. In difesa Luperto si è rivelato un buon acquisto, e anche l’avvicendamento in porta Scuffet-Caprile ha dato una grossa mano a tutta la squadra.
Detto questo, credo sia normale che noi tifosi ogni tanto vorremmo vivere un campionato un po’ più tranquillo e, magari, più ricco di soddisfazioni. Non sarebbe male un’incursione nella parte sinistra della classifica… Però per fare questo step servono alcuni acquisti mirati di giocatori importanti: io mi auguro che possano essere dei giovani talentuosi, magari scoperti dal nulla, capaci di migliorare sensibilmente il tasso tecnico del team. L’allenatore conta fino a un certo punto: bisogna innanzitutto avere gli interpreti in grado di eseguire un determinato spartito.”
A proposito dell’allenatore: focus su Davide Nicola. Nel girone d’andata in più di un’occasione si era visto un Cagliari propositivo, aggressivo e desideroso di provare a giocarsi le proprie carte fino in fondo contro qualunque avversario. Nel girone di ritorno, invece, abbiamo assistito a tante, troppe partite scialbe, caratterizzate dalla penuria di tiri verso la porta avversaria e da un calcio ruminato e improvvisato. In sintesi: secondo lei come si è disimpegnato quest’anno il tecnico rossoblù?
“Beh, intanto partiamo dal presupposto che sostituire Claudio Ranieri sulla panchina del Cagliari era un’impresa tutt’altro che banale. E direi che Nicola ha superato l’esame: non lo conosco personalmente, ma dall’esterno sembra una persona eccezionale. Mi è sempre piaciuto anche nelle dichiarazioni: non cerca mai alibi, e questo è molto importante. Insomma, si è fatto apprezzare dal punto di vista umano.
In effetti a inizio campionato si era intravisto un Cagliari piuttosto spavaldo, capace di giocarsela alla pari anche contro le big e di raccogliere punti importanti. Ma il girone di ritorno, molto spesso, è tutto un altro campionato: i punti diventano decisamente più pesanti e, di conseguenza, le squadre sono meno disposte a rischiare. Nel girone d’andata c’è voglia di affrontare le partite a viso aperto con uno spirito più sbarazzino, mentre verso la fine della stagione ogni risultato è importantissimo e quindi vengono fuori gare più sporche e meno belle da vedere. Detto questo, giocatori come Marin e Prati io vorrei vederli sempre in mezzo al campo, perché danno qualità e fosforo alla squadra. Sinceramente non so perché abbiano trovato così poco spazio negli ultimi mesi.
Ribadisco in ogni caso che l’auspicio di tutti i tifosi è quello di assistere, almeno per un anno, a un campionato diverso. Non voglio indicare come modelli di riferimento il Bologna o l’Atalanta, che il grande salto di qualità l’hanno già fatto, però il Cagliari per blasone – e per mille altri motivi – può e deve ambire a rivestire un ruolo differente nel panorama calcistico nazionale.”
La speranza è quantomeno quella di vedere una compagine che non “rinunci” in partenza all’idea di vincere certe partite. Un po’ come faceva il Cagliari di Zola, Esposito e Suazo e, ancor prima, la squadra che negli anni Novanta imponeva a chiunque la famosa “legge del Sant’Elia”…
“Proprio così. A quell’epoca non era mai scontato che le big vincessero in Sardegna. Anzi, il più delle volte il Cagliari riusciva a far valere il fattore campo e a imporre il proprio gioco. Negli ultimi anni purtroppo questa tendenza si è invertita. E in modo drastico. Oggi ci vorrebbe una squadra giovane, composta da talenti scovati con lungimiranza e competenza, che possa dar fastidio a tutti ed esprimere un calcio divertente e appassionante”.