UN MIRTO CON... FABRIZIO CAMMARATA

UN MIRTO CON... FABRIZIO CAMMARATATUTTOmercatoWEB.com
martedì 30 maggio 2023, 00:25Un mirto con...
di Matteo Bordiga

Tre anni e mezzo a Cagliari, in parte brillanti e in parte tormentati, sospeso tra la voglia di riportare i rossoblù in serie A e l’angoscia per il rischio inusitato di una devastante retrocessione in serie C.

È sbarcato in Sardegna con grandi aspettative, dopo gli anni entusiasmanti vissuti a Verona, sponda Hellas. In campo ha lasciato intravedere notevoli potenzialità, unite a una determinazione e a una tenacia esemplari, non sempre supportate dalla continuità di rendimento e, soprattutto, da una squadra realmente competitiva. Tanto che i propositi di risalita in massima serie si sono dovuti presto arenare, schiantandosi contro il muro del realismo e di un andamento troppo altalenante per consentire di coltivare sogni di gloria.

Fabrizio Cammarata, scuola Juventus, nonostante tutto ha lasciato un buon ricordo nell’Isola, contrappuntato da 24 reti messe a referto e da prestazioni volitive e generose. In tandem con Suazo costituì una coppia efficace e bene assortita.

Fabrizio, cosa ricorda della trattativa che nel 2000 la portò a Cagliari? Quali obiettivi si è prefissato al momento del suo trasferimento in terra sarda?

“Venivo da un’annata molto positiva a Verona, e il mio acquisto aveva uno scopo ben preciso: riportare il Cagliari, appena retrocesso, in serie A. Avevamo una buona squadra, con tanti giovani in rosa, e le aspettative erano alte. Ricordo che facemmo un grande girone d’andata, confermando le nostre velleità di promozione. Poi nel girone di ritorno, complice qualche infortunio e alcuni incidenti di percorso, le cose iniziarono ad andare meno bene. Tuttavia Cagliari è stata per me una tappa decisamente importante della carriera: i rossoblù sono un grande club, una società storica che ho rappresentato con orgoglio.”

Quale delle tre stagioni e mezzo vissute in maglia cagliaritana ricorda con più piacere?

“Il primo anno, in gran parte, è stato per me buono. Ma anche il 2001-2002, sotto la guida di Sonetti, mi ha lasciato dei ricordi positivi. Il mister raccolse una squadra che era in grossa difficoltà in classifica e cambiò completamente la mentalità del gruppo. Ci fece fare un importante step dal punto di vista tattico e psicologico, e ci condusse alla salvezza che ottenemmo con merito, anche perché eravamo un gruppo unito e coeso.

Al momento dell’arrivo di Sonetti il morale della truppa era molto basso, e ricordo che la prima partita col nuovo tecnico fu un’altra sconfitta, a Empoli. Ma Nedo piano piano ci restituì quella fiducia che prima francamente mancava, e col suo grande carisma ci aiutò a riemergere – cosa che non è mai facile quando ti ritrovi, contro le previsioni della vigilia, sul fondo della classifica. Quanto ai suoi allenamenti, erano semplici ma sempre estremamente intensi: ci faceva allenare a tremila all’ora.”

Nel 2002-2003, con Ventura, a un girone d’andata non esaltante fece da contrappunto un girone di ritorno a tutto gas, che sul finale riaccese addirittura le speranze di promozione in serie A. Come viveste quel campionato a due facce?

“Ventura era un grande allenatore: curava maniacalmente i dettagli e preparava benissimo la squadra. Io lo osservavo tutti i giorni e vedevo con che meticolosità impostava il suo lavoro. Alla fine facemmo abbastanza bene, la squadra era forte.”

La sua intesa con Suazo, che crebbe di stagione in stagione. Com’era giocare al fianco di una freccia come l’honduregno?

“Con David ci trovavamo splendidamente in campo, forse proprio perché avevamo caratteristiche diverse che si sposavano a meraviglia tra di loro. Inoltre andavamo molto d’accordo fuori dal campo: eravamo anche compagni di camera nei ritiri. Lui è uno di quei ex compagni che sento ancora, quando posso, con grande piacere.”

L’anno dell’apoteosi sotto il segno di Zola, il 2003-2004, lei lasciò la squadra a gennaio per accasarsi al Parma. Cosa accadde a metà stagione per indurla ad abbandonare la Sardegna e un gruppo che stava veleggiando col vento in poppa verso la serie A?

“In quel periodo giocavo poco, senza la giusta continuità. C’era stato anche qualche problema con Ventura. Quando ricevetti la chiamata di Prandelli - mio ex tecnico ai tempi del Verona - che mi voleva a Parma, accettai e mi trasferii in Emilia. Prandelli era stato un allenatore importante per me, per cui decisi di riunirmi a lui.

Certo, mi è rimasto il rammarico di non aver mai esordito in serie A con la maglia del Cagliari, dopo tre anni e mezzo spesi in Sardegna a lottare con in testa sempre l’obiettivo di centrare la promozione. Però conservo nel cuore il ricordo di un lungo periodo della mia vita trascorso nell’Isola: un’esperienza importante che mi ha segnato e mi ha lasciato tanti amici, che ancora oggi sento e frequento ogni volta che torno da quelle parti.”

Domanda d’obbligo: segue ancora il Cagliari? Secondo lei che possibilità ci sono di vincere i playoff per coronare il sogno-serie A?

“Da quando è arrivato Ranieri la squadra ha cambiato mentalità. Adesso ha quell’atteggiamento e quello spirito vincente che magari prima mancava. Per me se la può giocare per la promozione: non sarà facile, ma ha tutte le carte in regola per spuntarla. E poi ha Lapadula, che è un giocatore veramente in grado di fare la differenza. Io simile a Gianluca? In effetti abbiamo caratteristiche non troppo diverse: lui magari è un po’ più potente, io un po’ più tecnico. Forse ci saremmo pure trovati bene insieme, perché ci saremmo completati a vicenda e avremmo creato l’uno spazi per l’altro. D’altronde, due giocatori bravi trovano sempre il modo per intendersi in campo.”