UN MIRTO CON... FABRIZIO PROVITALI

UN MIRTO CON... FABRIZIO PROVITALI
lunedì 12 febbraio 2024, 01:24Un mirto con...
di Matteo Bordiga

Adesso che non può più contribuire a suon di gol ai successi del Cagliari, come faceva a fine anni Ottanta sotto la guida di un poco più che esordiente Claudio Ranieri, non gli resta che tifare da casa col cuore dipinto di rossoblù, trasmettendo energie positive alla squadra che l’ha lanciato ad alti livelli nel calcio professionistico.

Fabrizio “Bibi” Provitali, bomber della doppia promozione dalla serie C alla serie A conseguita tra il 1988 e il 1990, dispensa pillole di ottimismo sulla situazione attuale - sarebbe meglio dire sullo psicodramma sportivo - del tormentato Cagliari allenato dal suo vecchio mister. Nonostante il trend negativo che, da più di un mese a questa parte, deprime l’ambiente e mortifica le ambizioni di salvezza dei rossoblù. Nonostante una squadra amorfa e priva di nerbo, che ultimamente dà la sensazione di scendere in campo con le stigmate della vittima sacrificale designata.

Fabrizio, la classifica – ma soprattutto lo stato di salute psico-fisica – del Cagliari comincia a far tremare i polsi. I giocatori lanciano segnali tutt’altro che confortanti, provando a rialzare la testa solo quando si trovano sotto di uno o di due gol. La squadra sembra paralizzata dalla paura.

“In effetti la grinta, la voglia e la fame che i rossoblù avevano dimostrato fino a qualche settimana fa nell’ultimo periodo sono venute meno. Però c’è ancora tutto il tempo per rimettersi in carreggiata e per raddrizzare la stagione, ottenendo questa benedetta salvezza che sarebbe di importanza capitale per il presente e per il futuro del Cagliari.”

Una salvezza da inseguire e da centrare ancora con Ranieri al timone? Soprattutto nelle ultime conferenze stampa, il tecnico di Testaccio è apparso più teso e abbacchiato del solito. Come se avesse smarrito anche lui alcune delle sue certezze. E inoltre certe sue scelte tattiche e strategiche - a iniziare dall’approccio rinunciatario alle sfide contro avversari di rango, ma anche davanti a formazioni di pari livello - hanno fatto parecchio discutere. Lei andrebbe avanti con Sir Claudio?

“Io confermerei senz’altro la fiducia al mister. Anche perché, se analizziamo con realismo la situazione del Cagliari, le ultime sconfitte sono maturate contro Roma e Lazio, ovvero compagini tecnicamente superiori. Poi è chiaro che quando si incontreranno le pari grado bisognerà tirare fuori gli artigli e ottenere i punti necessari per blindare la permanenza in serie A. Quelle saranno le partite che decideranno le sorti dei rossoblù. Per fortuna la classifica è corta, e basta anche solo una vittoria convincente per scalare posizioni e per ritrovare quell’autostima e quella convinzione che poi potranno trascinare Pavoletti e compagni verso il traguardo.

Io penso che non possa esistere un allenatore migliore di Ranieri per rianimare questo Cagliari. Un uomo della sua esperienza e della sua competenza non può che trovare le soluzioni tattiche e gli stimoli giusti per rivitalizzare la squadra. Non dimentichiamoci che appena otto mesi fa compiva un’impresa memorabile, conquistando all’ultimo secondo una promozione su cui nessuno avrebbe scommesso. Certo, poi c’è una società che deve fare le sue valutazioni. Ma non è neanche detto che col cambio di allenatore tutte le cose si aggiustino come per magia… A volte si ricorre a questa mossa allo scopo di scuotere i giocatori e l’ambiente, ma se poi il nuovo tecnico non riesce a imprimere la svolta si finisce per rimpiangere il mister che c’era prima.”

Fabrizio, lei Ranieri lo conosce bene. A suo avviso questa vocazione al “primo non prenderle” fa parte del suo DNA di allenatore, ovvero è un suo preciso marchio di fabbrica, o attualmente è dettata dalle necessità della squadra e dalle caratteristiche dei giocatori, che non gli consentono di optare per un approccio più “giochista” e propositivo?

“Probabilmente è la situazione che sta vivendo che lo porta a stravolgere un po’ il suo credo calcistico. Per come lo ricordo io, non è mai stato un catenacciaro. Al contrario: a lui è sempre piaciuto attaccare. Ai tempi del Cagliari ci ripeteva che noi attaccanti dovevamo essere i primi difensori, nel senso che dovevamo dare l’input per andare ad aggredire l’avversario. Un allenatore che veicola questi concetti non può essere considerato un difensivista. Penso che il momento di difficoltà che sta attraversando la squadra l’abbia spinto a coprirsi un po’ di più, puntando a ridurre i rischi e sperando magari in qualche ripartenza. In particolare contro le big.

Io comunque sono convinto - e spero ardentemente - che il Cagliari possa salvarsi. L’importante è preservare la compattezza dello spogliatoio, che è il presupposto imprescindibile per costruire qualcosa di buono. Poi non mancheranno il tempo e le occasioni per tagliare finalmente il traguardo.”