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UN MIRTO CON... FRANCESCO BELLUCCI

UN MIRTO CON... FRANCESCO BELLUCCI
sabato 24 febbraio 2024, 00:02Un mirto con...
di Matteo Bordiga

A Cagliari ha toccato probabilmente il punto più alto della sua carriera. Dal 1992 al 1995 fu protagonista nella retroguardia di una squadra che stupì prima l’Italia e poi l’Europa intera, giungendo a un passo dal trionfo continentale dopo aver eliminato dalla Coppa Uefa avversarie prestigiose come Malines e Juventus.

Non era un titolarissimo, ma i tecnici rossoblù - da Bruno Giorgi a Tabarez - lo impiegavano spesso a supporto di un reparto che poteva contare su pezzi da novanta come Firicano e Matteo Villa. Francesco Bellucci da Osimo (in provincia di Ancona) era infatti un centrale affidabile e diligente, abile in marcatura e dotato di una buona elevazione. In Sardegna si è tolto le sue brave soddisfazioni, contribuendo in maniera sostanziale all’ascesa di una formazione che all’epoca incantava sul piano del gioco e sorprendeva su quello dei risultati.

Francesco, che gara sarà quella di domani tra Cagliari e Napoli?

“Una gara molto difficile per il Cagliari, perché il Napoli è sempre il Napoli. Certo, questa anche per gli azzurri è stata un’annata un po’ particolare, con ben due cambi di allenatore. Tuttavia i partenopei dispongono di campioni affermati che possono risvegliarsi da un momento all’altro, quindi i sardi per uscire dal campo con qualcosa in mano dovranno sfoderare una super prestazione e, soprattutto, buttare il cuore oltre l’ostacolo dal primo al novantesimo minuto.”

Fosse in Ranieri lei punterebbe su un Cagliari più intraprendente, magari col trequartista dietro alle due punte - modulo che ha regalato le maggiori soddisfazioni stagionali alla compagine isolana - oppure giocherebbe al gatto col topo, aspettando il Napoli dietro la linea della palla per poi pungerlo in velocità nelle ripartenze?

“A questi livelli le partite vengono studiate e vivisezionate mille volte per scovare anche il minimo difetto negli equilibri della formazione avversaria. Ranieri imposterà la sfida al Napoli nella migliore maniera possibile, anche se questo non vuol dire che poi il Cagliari riuscirà a fare risultato. Ora come ora io, dovendo affrontare i campani, li aspetterei per farli scoprire e poi cercherei di colpirli nelle ripartenze. D’altro canto lasciare campo aperto ad attaccanti come quelli del Napoli può rivelarsi letale. Alla luce delle condizioni in cui si trova attualmente il Cagliari, credo che lascerei il pallino del gioco ai Campioni d’Italia e mi adatterei un po’ a loro, nella speranza di risolvere la partita con qualche episodio o, magari, con un calcio piazzato. Del resto gli uomini di Ranieri sono molto strutturati fisicamente, quindi in situazioni come quelle generate da palle inattive potrebbero diventare estremamente pericolosi.”

Francesco, aldilà del match di domani lei come vede il Cagliari, in proiezione, da qui a maggio? Come andrà a finire l’affannosa rincorsa all’agognata salvezza?

“La cosa positiva è che le dirette concorrenti sono tutte raccolte in pochissimi punti, perché i rossoblù le hanno veramente lì a un tiro di schioppo. Personalmente mi affiderei incondizionatamente a mister Ranieri che, con la sua grande esperienza, alla fine - ne sono convinto - riuscirà nell’impresa. Poi io, che sono rimasto legatissimo alla Sardegna e ai colori rossoblù, spero con tutto il cuore che la squadra in un modo o nell’altro centri il suo obiettivo.”

Proprio Ranieri recentemente è stato sottoposto a un fuoco di fila di critiche a causa dell’atteggiamento, a parere di molti, troppo attendista e conservativo della squadra. Il dilemma è: questo Cagliari non ha gli uomini per attuare un calcio più propositivo e spregiudicato oppure, per tirarsi fuori dalle sabbie mobili, dovrebbe provare ad alzare il baricentro e ad affrontare le partite con maggiore coraggio?

“Posto che Ranieri sa perfettamente cosa ha sotto mano, il problema è che quando perdi fiducia e sicurezza tendi naturalmente ad abbassarti, nel tentativo di non prenderle. È una conseguenza dei risultati negativi in serie e di un periodo in cui le cose non girano per il verso giusto. Non è che il mister imposti le partite in questo modo, ma è la situazione contingente che porta la squadra a giocare così. Finisci per rispettare così tanto l’avversario di turno che eviti di sbilanciarti e di scoprirti. Quando invece la squadra va a gonfie vele i giocatori osano di più, rischiano, tentano la giocata sapendo che tanto, in un modo o nell’altro, alla fine la spunteranno.”