Iori: "Il Cagliari di Nicola è la prova che in Serie A salvarsi è troppo facile"
Nel corso del podcast "Tutti in The Box", il giornalista Alessandro Iori ha analizzato la lotta salvezza. Di seguito le parole del telecronista DAZN, sintetizzate da TuttoCagliari.net: "Se fossi stata una persona seria, avrei contato i pareggi che ci sono stati negli scontri diretti di questa prima parte di stagione, perché finiscono tutti pari, e prevalentemente 0-0. È drammatica la parte bassa della classifica, ma c’è un motivo grande così: in Serie A è troppo facile salvarsi. È vero che il format è simile anche in altri campionati, ma l’Italia è un caso a parte: è davvero troppo facile salvarsi.
Io sono cresciuto con i campionati a 18 squadre, in cui ne retrocedevano quattro. Adesso invece ci sono campionati a 20 squadre in cui retrocedono solo tre. Se è troppo facile salvarsi, se bastano troppi pochi punti, il risultato è inevitabile: c’è chi continua a dire “Ah, facciamo 40 punti”, ma oggi con 40 punti vai in Europa League. Per salvarsi, ne bastano 30, 31, 32, 33. Da quando sono state introdotte le cinque sostituzioni — che hanno allargato ulteriormente il divario tra grandi e piccole — la quota salvezza si è progressivamente abbassata. È sempre più difficile per le squadre di bassa classifica fare punti contro le big, anche se quest’anno qualche impresa c’è stata. Di fatto, esiste un altro campionato: il Cagliari dell’anno scorso di Davide Nicola si è salvato concentrandosi sugli scontri diretti, quasi ignorando le partite con le grandi (tranne un pareggio in casa della Juve, che capitava a tutti in quel periodo).
Oggi per salvarsi basta vincere cinque partite e pareggiarne quindici. Le altre puoi anche perderle. È troppo, troppo, troppo poco. Io credo che servirebbe una formula simile a quella della Serie C: l’ultima retrocede direttamente, poi penultima contro quintultima, terzultima contro quartultima. Questo significherebbe alzare la soglia, costringendo le squadre a puntare almeno al quindicesimo posto per salvarsi. E cambierebbe tutto, perché aumenterebbe il livello e la competitività generale. Il problema è che, se chi si deve salvare ogni anno abbassa un po’ l’asticella perché “basta sempre meno”, tutto il campionato ne risente: si abbassa complessivamente di livello. È troppo facile salvarsi. Poi, è chiaro: i presidenti non voteranno mai una riforma che aumenti i rischi di retrocessione. Però, cari presidenti, la prossima volta che si discuteranno i diritti televisivi, non chiedete troppi soldi. Perché se da febbraio in poi metà delle partite contano poco o nulla, allora perché dovremmo pagare tanto per uno spettacolo che, di fatto, non lo è più?".