UN MIRTO CON... FRANCO SELVAGGI

UN MIRTO CON... FRANCO SELVAGGITUTTOmercatoWEB.com
sabato 29 luglio 2023, 00:00Un mirto con...
di Matteo Bordiga

Brevilineo, agile, scattante e implacabile sotto porta. Quando gli capitava la palla giusta non perdonava. E a Cagliari questa sua virtù di cecchino l’ha messa pienamente a frutto, siglando 28 reti in tre stagioni.

Soprannominato “Spadino” per via della sua bassa statura, proprio dei suoi 171 centimetri d’altezza faceva la sua fortuna. Attaccante mobile e capace di legare il gioco, si laureò Campione del Mondo (pur senza mai scendere in campo) in Spagna nel 1982, rivestendo un ruolo fondamentale nello spogliatoio azzurro.

Franco Selvaggi, entrato di diritto nella Hall of Fame del club rossoblù, ha vissuto in Sardegna tre annate estremamente positive, collezionando due sesti posti in serie A e una salvezza da lui stesso definita “prodigiosa” a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta.

Franco, ripercorriamo la sua storia in maglia rossoblù. Tre stagioni, dal 1979 al 1982, contrassegnate da ottimi risultati sul campo e da altrettanto lusinghiere prestazioni personali.

“Innanzitutto sottolineo che io devo moltissimo al Cagliari – e a Gigi Riva in particolare – perché in Sardegna mi sono sempre trovato benissimo e sono stato accolto dai tifosi con grande affetto ed entusiasmo. Furono tre stagioni bellissime: io partirei dall’ultima - campionato 1981-82 - nel corso della quale ottenemmo una salvezza a dir poco miracolosa. Ci ritrovammo infatti a giocare le ultime otto partite praticamente con dei ragazzini, e ciononostante riuscimmo a mantenere la categoria. Vado ancora oggi fiero di quell’impresa, a mio avviso la salvezza più difficile e prodigiosa di sempre in serie A. Anche perché retrocedette il Milan, nel quale militavano già alcuni di quei campioni che poi, in seguito, avrebbero conquistato l’Italia e il mondo.

Ricordo che alla penultima giornata vincemmo 4-1 ad Avellino – io feci due gol – giocando col sangue agli occhi: non volevamo assolutamente retrocedere, per nessun motivo. Eravamo pronti a dare l’anima in campo. Poi all’ultima giornata ci fu il drammatico scontro al Sant’Elia con la Fiorentina, che per via del pareggio a reti bianche maturato in Sardegna perse lo scudetto a vantaggio della Juventus.

In quel Cagliari io e Gigi Piras facemmo grandi cose: eravamo i leader tecnici e carismatici della squadra. E avevamo anche l’importante compito di dare l’esempio ai più giovani, guidandoli e trascinandoli verso una salvezza storica.

Nelle precedenti due annate conquistammo due sesti posti e, per conto mio, giocavamo il calcio migliore d’Italia. Ci schieravamo anche con tre punte – che eravamo io, Piras e Virdis – ed esibivamo un gioco moderno, aggressivo e spregiudicato. Tanto che molti tifosi dell’epoca ancora oggi si ricordano di quella squadra, brillante e spettacolare.

Purtroppo al termine di ogni stagione la società doveva vendere qualcuno, perché c’erano pochi soldi. Il primo anno fu venduto Casagrande per non dover vendere me, poi seguirono altri giocatori. In questo modo non si poteva certo costruire un progetto solido e duraturo. Se solo a quell’epoca si fosse fatto qualche piccolo investimento… (sospira, ndR) Sapete che vi dico? A mio parere noi non eravamo inferiori a nessuno. Questa è la verità.”

Parlando invece del Cagliari attuale, ha seguito i playoff promozione? Cosa ne pensa della squadra che sta costruendo la dirigenza in vista del campionato di serie A?

“Eccome se ho seguito i playoff! Li ho visti assieme ai miei figli, che tra l’altro sono tifosi sfegatati del Cagliari. Abbiamo sofferto moltissimo, ma alla fine è arrivato il premio col gol in pieno recupero. Quanto alla stagione che sta per iniziare, con gli infortuni di Rog e Lapadula – che proprio non ci volevano – la società è adesso chiamata a fare un sacrificio in più per colmare i due vuoti lasciati da questi giocatori-chiave. Il Cagliari deve assolutamente salvarsi, anche se – come dico sempre – oggi retrocedere è parecchio difficile. Ai nostri tempi le squadre erano sedici, oggi sono venti e solo tre vanno in B. Per certi versi bisogna mettersi d’impegno per scendere in cadetteria… Però d’altro canto è ancora vivo il ricordo di quello che è successo nel 2022, quando i rossoblù sono riusciti nell’impresa di retrocedere in casa di un Venezia già spacciato. Quella è stata una Caporetto, un’autentica disfatta. Per fortuna poi la squadra è tornata in serie A e, come dicevo, ora tocca alla società intervenire per mettere una pezza a questi due gravi infortuni che hanno indebolito la rosa.

Io mi auguro che vengano ingaggiati dei sostituti all’altezza. Con un centrocampista di qualità al posto di Rog e un valido attaccante a rimpiazzare Lapadula si può pensare di fare un campionato certamente di sofferenza, ma magari lontano dalla zona ‘calda’. Fermo restando che il primo obiettivo dovrà essere la salvezza, perché una nuova retrocessione sarebbe un dramma.”