UN MIRTO CON... JEDA

UN MIRTO CON... JEDATUTTOmercatoWEB.com
© foto di Federico Gaetano
domenica 9 luglio 2023, 02:33Un mirto con...
di Matteo Bordiga

Provate a fare il nome di Jeda a qualsiasi tifoso del Cagliari. Non potrà che illuminarsi al ricordo di un giocatore totale, che sapeva dialogare coi centrocampisti, trasformarsi nell’uomo dell’ultimo passaggio e, soprattutto, finalizzare il lavoro della squadra col suo cinismo e la sua chirurgica precisione sotto porta.

Chiudendo gli occhi, il tifoso rossoblù rivivrà due anni e mezzo magici segnati dalle prodezze e dalle giocate risolutive del bomber brasiliano di Santarém, che hanno prima trascinato il Cagliari a una sensazionale salvezza nel 2008 sotto la guida di Davide Ballardini, poi hanno colorato la stagione del calcio sbarazzino e sbrindellato di Max Allegri e infine, nel campionato 2009-2010, hanno contribuito ad alimentare il grande sogno europeo. Una chimera infranta da un girone di ritorno da tregenda dopo che, fino a gennaio, i rossoblù avevano dimostrato di poter tranquillamente competere per un posto in Champions League.  

Ventidue gol in ottantasei presenze non bastano a rendere l’idea dell’apporto che Jedaias Capucho Neves ha fornito alla causa isolana, della firma che indirettamente ha messo sulle azioni più importanti e sulle reti decisive che hanno consentito al Cagliari di macinare punti e di offrire un calcio scintillante, sciorinato su tutti i campi d’Italia. Assist, movimenti, carisma da leader, presenza sempre incombente e minacciosa per gli avversari.

Il nome di Jeda, ancora oggi, evoca memorie spensierate e istantanee felici di una squadra che non temeva niente e nessuno. L’ultimo Cagliari veramente esaltante visto in serie A, prima della grande (dis)illusione targata Maran, Nandez, Nainggolan, Joao Pedro e Simeone dieci anni più tardi.

Jeda, come si possono commentare i playoff che hanno riportato il Cagliari in serie A dopo la mortificante retrocessione di un anno fa? A suo avviso si è trattato di un trionfo meritato?

“Devo essere sincero: all’inizio del campionato non credevo che il Cagliari potesse arrivare a ottenere questa promozione. L’avvento di Ranieri, in tutta evidenza, è coinciso con una svolta drastica e radicale. Nei primi mesi della stagione il Cagliari non era una squadra: aveva bisogno di una scossa, di un qualcosa che invertisse decisamente un trend negativo e consentisse ai rossoblù di arrivare fino in fondo con rinnovata fiducia e competitività.

Ovviamente parliamo di un club, di una rosa e di tutto un ambiente che doveva smaltire la terribile delusione per la retrocessione maturata nell’ultimo torneo di serie A, che ancora si leccava le ferite ed era profondamente segnato dalle dolorose batoste subite. Rialzarsi era tutt’altro che facile.

Nei playoff, invece, ho visto una squadra completamente trasformata. Un Cagliari con uno spirito combattivo e con un’identità ben precisa. Molti giocatori sono saliti di tono, hanno migliorato sensibilmente il livello delle loro prestazioni e hanno alzato l’asticella, facendo fare un grande salto di qualità a tutto il collettivo. In ragione di ciò direi che, alla fine, dopo tutte le difficoltà incontrate lungo il cammino la promozione può dirsi meritata”.

Qual è stato l’uomo chiave per il raggiungimento dell’agognato traguardo? Sarebbe fin troppo facile indicare il bomber Lapadula, che ha trascinato la squadra a suon di reti. A parte l’italoperuviano, a suo parere chi ha giocato un ruolo determinante nella rinascita del Cagliari?

“All’inizio ero un po’ scettico sul fatto che Lapadula e Pavoletti potessero reggere da soli il peso dell’attacco, senza un trequartista alle spalle. Mancosu infatti è stato costretto piuttosto presto a dare forfait a causa di un infortunio, e la sua assenza si è sentita pesantemente. Poi, al rientro in campo, il suo contributo si è rivelato determinante.

Ad ogni modo, a mio parere l’elemento chiave di questo Cagliari è stato il collettivo. Una menzione speciale la riservo a Nandez, che mi è piaciuto molto: è sceso di categoria e si è calato al meglio nella nuova realtà. Ma devo fare i complimenti in generale a tutti: la differenza l’ha fatta il gruppo, guidato magistralmente da Ranieri. La squadra nel suo insieme.

A mio avviso riportare in Sardegna il tecnico romano è stato un segnale importante da parte del presidente, che in questi anni - e dopo aver commesso anche qualche errore - ha capito cosa significa per i tifosi e per tutta l’Isola la maglia del Cagliari. Quali valori deve esprimere e rappresentare. Adesso Giulini deve costruire, di concerto con Ranieri, una squadra in grado di fare un campionato tranquillo, senza paturnie, col primo obiettivo di mantenere la categoria. Non serve spendere tanto, ma fare gli acquisti giusti. Non bisogna più rischiare niente, dopo il disastro di un anno fa. Ora vanno creati i presupposti per poi, nel tempo, alzare l’asticella e inseguire obiettivi più ambiziosi”.

Dopo i sogni europei sbandierati nei primi anni di presidenza, nelle ultime stagioni di serie A il traguardo dichiarato di Giulini è sempre stato il decimo posto. Lo considera un piazzamento raggiungibile?

“Per arrivare a certi obiettivi è importante l’aspetto economico: è esemplificativo il caso del Monza, che con Berlusconi alle spalle è cresciuto tantissimo in poco tempo. Il Cagliari ha fatto senz’altro significativi progressi dal punto di vista finanziario sotto la gestione Giulini, per cui puntare al decimo posto potrebbe presto non essere un’utopia. Entro i prossimi due anni, con un progetto serio e ponderato e senza esagerare con le spese, i rossoblù potrebbero raggiungere questo traguardo.

Non è un’impresa impossibile diventare il nuovo Monza o il nuovo Sassuolo, a patto che si lavori con criterio e soprattutto puntando sulla programmazione, parola chiave che la società deve sempre tenere ben presente. Di certo i prossimi due anni saranno molto importanti per l’assestamento e il consolidamento del Cagliari in serie A, si spera con una visione a lungo termine ispirata e virtuosa”.