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UN MIRTO CON... LUCIANO DE PAOLA: "Il problema del Cagliari è societario: mancano programmazione lungimirante e capacità di costruire un progetto. Il rischio è che sotto l'attuale gestione i sardi debbano sempre lottare solo per salvarsi"

UN MIRTO CON... LUCIANO DE PAOLA: "Il problema del Cagliari è societario: mancano programmazione lungimirante e capacità di costruire un progetto. Il rischio è che sotto l'attuale gestione i sardi debbano sempre lottare solo per salvarsi"TUTTOmercatoWEB.com
Ieri alle 00:01Un mirto con...
di Matteo Bordiga

Luciano De Paola, ex mediano rubapalloni del primo Cagliari di Claudio Ranieri, ai microfoni di Tuttocagliari.net individua nella “mancanza di programmazione da parte della società” le difficoltà e gli affanni che la squadra vive, “ormai da tempo, tutti gli anni in campionato”.

Luciano, il Cagliari si è salvato ma, francamente, quest’anno non si sono intravisti significativi segnali di crescita. Né, tantomeno, la voglia e la volontà di provare a compiere un piccolo salto di qualità sotto il profilo tecnico e mentale. Lei che idea si è fatto al riguardo?

“Io credo che il Cagliari, sotto l’attuale gestione, dovrà lottare ogni anno per salvarsi. La società non mi sembra avere la possibilità o la volontà di spendere – magari dopo una salvezza come quella appena ottenuta – per potenziare la squadra e, di conseguenza, per ambire a posizioni di classifica più gratificanti. Questa situazione, purtroppo, perdura da tempo. Per cui io non penso che la colpa sia dell’allenatore: anzi, a mio avviso Davide Nicola, in rapporto al materiale tecnico che aveva a disposizione, ha svolto un ottimo lavoro. Alla fine salvarsi dopo aver incassato tutti quei gol e dopo aver perso ben nove – nove! – partite in casa è stato una sorta di miracolo. Magari si poteva fare anche qualcosa di meglio, però il mister, alla luce delle risorse di cui disponeva, si è ben disimpegnato. La priorità assoluta era conseguire la permanenza in serie A.”

Quindi a suo giudizio sarà difficile che la società attuale possa far compiere al Cagliari quello “step” che, ormai da anni, i tifosi si auspicano?

“Già Massimo Cellino, negli ultimi sei-sette anni di presidenza, lottava solo ed esclusivamente per salvarsi, senza ambizioni ulteriori. Non so se Tommaso Giulini sia su questa stessa linea, ma dall’esterno lo vedo come un presidente abbastanza accentratore e decisionista. Solo che oggi è il calcio è un’industria: ci devono essere delle persone specifiche, dei professionisti di alto livello a gestire il mercato, la squadra e tutto il resto. Le grandi squadre che applicano questi principi vincono ed entusiasmano. Questa mentalità, francamente, io a Cagliari negli ultimi anni non l’ho vista. Così come non l’ho vista a Brescia, al netto dei problemi extracalcistici che stanno travolgendo in questi giorni la società lombarda presieduta da Cellino. Insomma, ora come ora la massima aspirazione del Cagliari è quella di conservare la serie A. Non c’è posto per i sogni e per i voli pindarici. Non vengono fatti gli investimenti necessari per alzare il livello. E poi c’è anche un problema di programmazione: ogni anno vengono cambiati tanti giocatori. Per costruire qualcosa occorre puntare su determinati elementi, magari fatti crescere nel proprio settore giovanile, allevarli e inserirli in prima squadra. Ma ad ogni campionato il Cagliari cambia guida tecnica: in questo modo come si fa a porre le basi per un progetto solido e duraturo?

Da quello che posso vedere io, osservando i rossoblù dall’esterno, il problema di fondo è societario: ci vorrebbe una pianificazione più consapevole e lungimirante. In questo momento per Luperto e compagni salvarsi equivale praticamente a vincere il campionato.”